Mangiare per vivere

Pubblicato il 21-03-2015

di Flaminia Morandi

Nino Sindoni, La tavola imbanditadi Flaminia Morandi – Quaresima, tempo di digiuno e di astinenza. Noi però conosciamo ormai solo quelli raccomandati dai nutrizionisti, non dai padri spirituali. Siamo dei professionisti dell’astinenza: no ai fritti e agli oli cotti, sì alla verdura e alla frutta, no alle carni rosse, sì al pesce, sì ai cereali integrali e a un bicchiere di vino purché rosso, contro i radicali liberi. Le numerose patologie alimentari da cui siamo affetti riducono ulteriormente la gamma dei cibi permessi: chi non sopporta il lattosio o la farina di grano, molti a far la spesa vanno in farmacia e in certe chiese è prevista un’ostia speciale per celiaci.

Dopo la grande abbuffata, la metà ricca del mondo si è messa a dieta, preoccupata di salvarsi un corpo che finora ha ingrassato a scapito dell’altra metà. Al pari dell’ingordigia, l’attuale costosissimo digiuno occidentale non ha niente a che fare con la salvezza. Come la pensava Gesù lo sappiamo: possono i discepoli digiunare quando lo sposo è con loro? Il digiuno, se la relazione con Dio è piena, non ha scopo. È quando la relazione tra l’uomo e Dio si incrina che serve digiunare, per ricordarsi che solo in essa sta la vera felicità. Del resto, ragionavano i Padri, ha un significato che l’uomo abbia perso il paradiso a causa di un frutto proibito, di una scivolata sul peccato di gola. Chi è forte a mensa, è debole nella preghiera, diceva san Giovanni Climaco, perché i vapori del ventre salgono alla testa e la annebbiano con una nuvola che lo Spirito Santo non riesce a penetrare. Il digiuno invece è come un’ala, diceva san Basilio, che fa salire la preghiera verso il cielo. Ma spesso i digiuni dei monaci erano esagerati: acqua e pane nero fatto una volta l’anno, a volte magari con la cenere dentro perché fosse più amaro, un po’ di legumi crudi. Il loro metodo di lotta era lo stesso di quello usato in seguito da sant’Ignazio di Loyola: fare il contrario di quello che la tentazione ti suggerisce. Il tuo corpo ti tormenta? Battilo con il digiuno. Sei collerico? Esercitati nella dolcezza.

Non ti far fregare dalla parte bramosa e dalla parte impulsiva della tua anima, diceva Evagrio. Se cedi al demone della gastrimarghia, alias ingordigia, caschi nel condizionamento, vero incaglio sulla via verso Cristo. Per liberarsi da ogni dipendenza bisogna fare “come chi si trova in mezzo a una tempesta e getta fuori bordo i bagagli per salvarsi dalla violenza del vento e delle onde”. Da profondo conoscitore delle anime, abbà Poemen obiettava però che i digiuni estremi sono dannosi. Se si digiuna in modo esagerato, il pensiero della fame diventa un gigante che occupa tutti i pensieri; mangiare poco in modo da tenere buono il corpo, ma senza saziarlo, mantiene vivo un piccolo pungolo che diventa ricordo di Dio.
Lo scopo del digiuno, per un cristiano, è non dimenticare. Per questo basta, ad ogni pasto, rinunciare a un piccolo piacere pensando per chi lo si fa: è l’allenamento a dominarsi nelle piccole cose che rende forti contro le grandi tentazioni, quelle che corrodono l’armonia con Dio e ci allontanano dalla corona di gloria.



MINIMA – Rubrica di Nuovo Progetto

Questo sito utilizza i cookies. Continuando la navigazione acconsenti al loro impiego. Clicca qui per maggiori dettagli

Ok