Vincere il male con il bene

Pubblicato il 22-03-2013

di Giuseppe Pollano

di Giuseppe Pollano - La scena che ci racconta il vangelo di Giovanni dell'annuncio di Gesù del tradimento di Giuda e rinnegamento di Pietro si presta in modo particolare per cogliere il senso, lo spirito, e quindi l'impegno di questo tempo che stiamo vivendo, la settimana santa.

Jean Bourdichon, Il tradimento di GiudaDette queste cose, Gesù fu profondamente turbato e dichiarò: “In verità, in verità io vi dico: uno di voi mi tradirà”. I discepoli si guardavano l'un l'altro, non sapendo bene di chi parlasse. Ora uno dei discepoli, quello che Gesù amava, si trovava a tavola al fianco di Gesù. Simon Pietro gli fece cenno di informarsi chi fosse quello di cui parlava. Ed egli, chinandosi sul petto di Gesù, gli disse: “Signore, chi è?”. Rispose Gesù: “È colui per il quale intingerò il boccone e glielo darò”. E, intinto il boccone, lo prese e lo diede a Giuda, figlio di Simone Iscariota. Allora, dopo il boccone, Satana entrò in lui. Gli disse dunque Gesù: “Quello che vuoi fare, fallo presto”. Nessuno dei commensali capì perché gli avesse detto questo; alcuni infatti pensavano che, poiché Giuda teneva la cassa, Gesù gli avesse detto: “Compra quello che ci occorre per la festa”, oppure che dovesse dare qualche cosa ai poveri. Egli, preso il boccone, subito uscì. Ed era notte.
Quando fu uscito, Gesù disse: “Ora il Figlio dell'uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete ma, come ho detto ai Giudei, ora lo dico anche a voi: dove vado io, voi non potete venire. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri”. Simon Pietro gli disse: “Signore, dove vai?”. Gli rispose Gesù: “Dove io vado, tu per ora non puoi seguirmi; mi seguirai più tardi". Pietro disse: "Signore, perché non posso seguirti ora? Darò la mia vita per te!”. Rispose Gesù: “Darai la tua vita per me? In verità, in verità ti dico: non canterà il gallo, prima che tu non m'abbia rinnegato tre volte”.
(Gv 13,21-38)

Settimana santa: sono i giorni in cui il tempo di Dio e dei suoi progetti ha fatto irruzione nel tempo dell’uomo e dei suoi progetti, sconvolgendolo. La Pasqua è il gesto d'Amore assoluto destinato a spaccare una volta per tutte le nostre abitudini terrene e a cambiare profondamente la vita e la vicenda terrena di ciascuno di noi, sia come singoli sia di noi insieme, la collettività umana.


Ed era notte

Il protagonista dell’evento è Gesù, l'uomo come noi che incarna però in se stesso il Verbo di Dio, la parola di questo Dio che eternamente e infinitamente è amore. Paolo presenta in Efesini 2,15 l'uomo nuovo, capace di quell'assoluto gesto d'amore. Gesù non sarà mai capace di far altro che gesti d'amore uno dopo l'altro e, a poco a poco, compie alla perfezione quello che l’amore richiede.
La pagina del vangelo di Giovanni ci conduce all'estremo di questa decisione tenace d’amore. Infatti Gesù ha il coraggio, veramente impressionante per noi, di fare ciò che non saremmo capaci neppure di pensare: entrare nel male, subire il male, vincere il male con il bene e con assoluto atto di amore. Siamo anche noi nel male, anche noi spesso dobbiamo subire il male, tocca adesso a noi vincere il male nell'unico modo in cui si può vincere, cioè con il bene, per cui questo assoluto atto di amore diventa il cammino grazie al quale si riconosce veramente un cristiano.

Giovanni, con il suo linguaggio simbolico, con tre piccole parole, annota il contesto della scena: “Ed era notte”. La notte è quando non c'è più la luce, e Gesù ha detto che è lui la luce. La luce annulla le tenebre, termine che ritroviamo nei vangeli anche per indicare il male. Gesù quindi entra nel male di noi uomini che viviamo e operiamo nelle tenebre, malati di quella grave malattia che è il disamore, l'incapacità di amare, la capacità di odiare, di ferire, di trascurare...
Per l'uomo senza Gesù Cristo, essendo noi uomini proprio inguaribilmente malati, peccatori, non c'è niente da fare. Questo pessimismo dal punto di vista filosofico sarebbe disperante se non fosse venuto Gesù con il suo gesto di amore assoluto. Dinanzi a questa incapacità dell’uomo, è tendenza ricorrente rifugiarsi nell’illusione che l'uomo può farcela da solo, ma guardiamoci bene dall'attenuare il senso tragico della vita. Non inquietiamoci troppo dinanzi a queste tendenze che si posizionano alla superficie del problema, non è così il cristianesimo. Gesù, con molta delicatezza ma altrettanta chiarezza, ci ha semplicemente definiti cattivi (Mt 7,11), dunque umilmente accettiamo di essere cattivi senza di lui. La Chiesa invoca lo Spirito di Dio dicendo: “Senza la tua forza nulla è nell’uomo, nulla senza colpa” (cfr Concilio di Orange). L'umiltà di noi cristiani è accettare questa verità che parte dalla nostra debolezza, ma beati noi se siamo uomini così, perché siamo in grado di abbracciare veramente il nostro Salvatore.


Gesù viene tra noi in una storia ferita dal male

La nostra frustrazione è di poter pensare e desiderare, come ideali, le perfezioni del Dio eterno: verità, sapienza, giustizia, pace, felicità, bontà, senza mai riuscire a realizzarle nel tempo, concetti ideali che non riusciamo mai a far diventare reali. Siamo riflesso di una vita che non ci appartiene. Gesù viene dunque a rendere reale l’ideale. Cosa fa?
Gesù non distrugge il male con la sua potenza, come invece fa l'uomo che giustifica sempre il suo operato, basti pensare alla guerra e all'uso delle armi, con la scusa di voler eliminare il male. Gesù non distrugge gli empi, non li annienta, non è il suo modo, non è la potenza che egli opporrà alla nostra malizia. Neanche si accontenterà di affrontare il male con la forza dell'eloquenza, come invece spesso facciamo noi discutendo continuamente per decidere cosa è bene e cosa è male. Gesù ha parlato molto, ma era ben consapevole che nessuna parola, neanche la sua, da sola avrebbero risolto la questione.
Non è dunque venuto a distruggere i cattivi e non è venuto neppure a confondere i cattivi con la sua verità. Ha scelto la strada di vincere il male ricambiandolo concretamente con il bene. L'uomo non è capace di tanto di fronte al male, all’insulto, all’umiliazione... Ci voleva l'uomo che incarnava l'amore di Dio.

Michael D. O'Brien, Pietro rinnega GesùGiovanni ci presenta Gesù in mezzo al male, perché Giuda Iscariota e Pietro incarnano evidentemente tutti noi, la natura umana travagliata da una avarizia idolatrica, dall'avidità, dalla paura. E si perde se stessi, la propria coscienza, la propria dignità.
Gesù entra in questa scena umana in maniera molto consapevole, e ci entra senza indugio per poter vincere il male. È splendida l’intenzione profonda di Gesù di sottoporsi al male: Giuda lo venderà per 30 denari, Pietro lo rinnegherà, lo deluderà profondamente. Dunque ecco la storia dell'agnello innocente e docile che si sottomette al male, non rifiuta di patirlo, non lo distrugge con la sua potenza. Egli vuole sottoporsi al male, su questa sua volontà la Scrittura è molto chiara: nessuno mi toglie la vita, ci terrà a dire, io la offro e per questo il Padre mi ama. Accetta, non è un Gesù passivo, vinto, trascinato dai fatti. Nessuno è libero, forte, deciso come lui mentre si lascia trattare come un pezzo che vale 30 denari. Si sottopone al male perché così soltanto potrà far trionfare l'amore totale.


I segni dell’amore

Giovanni nel suo racconto che sembra dominato dalla malizia, evidenzia con forza l’amore di Gesù.
Prima di tutto “fu profondamente turbato”, si commosse. Dicendo “uno di voi mi tradirà”, ci verrebbe istintivo pensare che si commosse pensando a quello che gli sarebbe successo, a noi certamente la paura del prossimo futuro ci avrebbe sconvolto il cuore, ma Gesù non si commuove su se stesso, ma a causa del dolore che gli provoca il suo discepolo Giuda con il suo comportamento. Fossimo capaci tutti, quando siamo maltrattati, di non commuoverci su noi stessi, ma su colui che è cattivo con noi, perché questo è il sentimento cristiano! Gesù dunque piange su Giuda, non su se stesso.

Icona dell'ultima cena, particolareCome è bello questo Gesù, come è grande, come è commovente, così nobile, così puro di cuore, così dimentico di se stesso. Il povero Giuda sta rovinando se stesso con una libertà traviata, e Gesù si commuove. Quando infatti il discepolo amato da Gesù china il capo su di lui e gli chiede chi lo tradirà, subito Gesù, toccato dall'affetto di Giovanni, risponde evidenziando il suo dialogo d'amore. Non è un Gesù angosciato che sta rattristandosi, è un Gesù che si dispone a soffrire sempre di più per loro e per noi, e allora, intinto il boccone, lo diede Giuda. Il porgere il boccone era un gesto di deferenza e di amicizia che il padrone di casa faceva per un'ospite particolarmente riguardoso. Quindi il porgere il boccone a Giuda non era un'indicazione per Giovanni, era l'ultimo invito a Giuda – o forse il penultimo, perché l'ultimissimo è quando gli disse: amico e con un bacio che mi consegni? – e tutti in quel momento notano che Gesù preferisce Giuda. Con questo gesto di preferenza è come se si instaurasse un ultimo dialogo, una tensione del cuore del maestro per riabbracciare e recuperare quest'uomo che lui ha chiamato e a cui ha dato tutta la sua fiducia. In questo gesto così importante di porgere il boccone da mangiare – che probabilmente ha suscitato l’invidia degli altri – si può vedere un simbolo profondo, perché fa anche pensare al pane eucaristico. Quel pane intinto in una salsa fa anche pensare alla carne immersa nel sangue. È un simbolo pieno di trasparenza che Giuda non accetta. Ma che Giuda non accetti non vuol dire che Gesù non lo abbia appassionatamente amato, specie in quel momento.

A Pietro, che fa la sua sincera professione di attaccamento, Gesù fa presente che non canterà il giallo prima che lo abbia rinnegato tre volte. Non c'è ombra di rimprovero, questa non è una frase da “guai a voi”, questa è semplicemente un'osservazione compassionevole a Pietro. Gesù prova la delusione e la tristezza per l’amico che ama moltissimo, è pieno di compassione per questo debole uomo che si illude.


Amarsi gli uni gli altri

Adesso Gesù arriva alla sua vittoria, ha amato Giuda, ha dato bene per male, sta amando Pietro, dunque l'amore sta vincendo, e così Gesù cambia tono, ha come il divino diritto di gridare questo trionfo dell'amore. Infatti, dice, parlando di gloria: ora il figlio dell'uomo è stato glorificato. L'amore è stato tutto vissuto e tutto manifestato, ha vinto amando. “Ora il Figlio dell’uomo” è l'esclamazione gioiosa del cuore che ha realizzato la propria vittoria di amore e ha la sua gloria.
E aggiunge una precisazione impressionante: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri”. Il comportamento dei discepoli di Gesù deve rinnovare e continuare il suo nel mondo: vincere il male con il bene, il disamore con l’amore, a qualsiasi costo. Chi non fa tale esperienza con convinzione può dirsi cristiano?

Ecco perché questa pagina ci interpella, visto e considerato che anche noi siamo dentro il male, sentiamo il male intorno noi e dentro noi. Dobbiamo davvero con umiltà riflettere sulla scena che ci presenta Giovanni con una domanda molto semplice: dinanzi a un male rendo bene per male con convinzione? Siamo chiamati a vincere il male con il bene.


Giuseppe Pollano
tratto da un incontro all’Arsenale della Pace
testo non rivisto dall'autore

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