Ai miei tempi

Pubblicato il 30-01-2013

di Flaminia Morandi

Protesta studentescaBorgogna, Francia: bambini di cinque anni vanno a scuola armati. Bearne, Francia: allievi puniti si vendicano degli insegnanti a suon di botte. Cordoni di studenti armati di bastoni, spade, sassi, nervi di bue impediscono l’entrata a chi vuole andare a scuola. Pont-à-Mousson, Francia: uno studente ubriaco uccide un suo compagno.
Winchester, Inghilterra: gli studenti occupano la scuola inalberando una bandiera rossa. Eton, Inghilterra: rivolta contro il preside con saccheggio delle camere, vetri rotti, muri demoliti e lancio di uova marce contro gli insegnanti. Le cronache scolastiche commentano: bullyng, bullismo. E registrano stancamente senza troppo stupore che “cento scolari hanno preso la sifilide prima di essere arrivati a studiare Aristotele a lezione”. A quel tempo Aristotele si cominciava a studiare all’età in cui i nostri ragazzi entrano alla scuola media.

Sì, perché questi non sono fatti accaduti nel nostro inquietante tempo presente, ma quattro o cinque secoli fa, raccontati da Philip Ariès, un importante storico francese. Fatti, insomma, del buon tempo andato. Ma se andiamo a passeggio nella storia, di episodi come questi ne incontriamo in quantità. Nel IV secolo il giovane sant’Agostino, maestro di retorica a Tagaste, decise di abbandonare l’insegnamento in Africa e di spostarsi a Roma disgustato dall’ambiente degli studenti. La causa occasionale per cui su per giù nell’anno 500 san Benedetto lasciò gli studi a Roma e se ne andò a fare l’eremita nella valle dell’Aniene fu la corruzione, il cinismo, la dissolutezza dei suoi compagni di scuola. Aveva un solo pensiero: salvare se stesso, e si ritrovò costretto a fondare un monastero per quanti giovani volevano seguire il suo esempio. Genitori preoccupati cominciarono a portargli i loro figli: da tenere in monastero per fare la stessa vita dei monaci, perché solo con una regola severa, pensavano, avrebbero potuto crescere sani. Le prime scuole cristiane ebbero sede perciò nei monasteri benedettini.

Molti secoli dopo, quando il lassismo e la violenza avevano ripreso il sopravvento, il metodo pedagogico di sant’Ignazio di Loyola o di san Giuseppe Calasanzio o di san Giovanni Battista de La Salle ristabilì una regola nelle scuole, fondate dopo l’intervento di questi santi sulla disciplina severa e sul principio di autorità. Insomma, ogni volta che il caos del mondo ricominciava a falciare generazioni di giovani, è sempre stata una regola cristiana, monastica o religiosa, a ristabilire l’ordine e a indicare la strada della retta costruzione della personalità.

Aula scolasticaAnche oggi i cristiani sono chiamati a intervenire, a ricominciare dall’educazione e dalla scuola per imprimere un cambiamento di rotta al trend autodistruttivo. Solo loro posseggono la ricchezza inestimabile della libertà portata da Cristo: capace, sola, di risvegliare la responsabilità personale per realizzare una vita secondo Dio e non secondo le proprie voglie, imparare ad amare se stessi e i fratelli, irradiare una pace che può cambiare il mondo.



Flaminia Morandi
NP agosto/settembre 2008

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