Il vangelo di Marco (21/21)

Pubblicato il 27-09-2012

di p. Mauro Laconi

di p. Mauro Laconi, op - Mc 13: sempre con Gesù (2/2).

David Roberts, Assedio e distruzione di Gerusalemme3) la frase chiave

Abbiamo visto le difficoltà che si incontrano ad una lettura ed interpretazione letterale del discorso di Gesù. Ma lo scopo di Gesù, con quel suo lungo discorso, era proprio quello di predire profeticamente la caduta storica di Gerusalemme e darci i segni della fine dei tempi? Il succo del discorso di Gesù è questo: “quello che dico a voi, lo dico a tutti”.
Marco vuole che sia chiaro che il discorso di Gesù non riguarda solo i suoi discepoli, ma tutta la Chiesa, alla quale certe predizioni di tipo storico non interessano più. Infatti, quando Marco scrive il vangelo, la prima generazione cristiana era già passata, siamo ormai alla fine della seconda generazione, e quindi è già chiaro che la fine del mondo, la parusia di Gesù, non sono avvenute conformemente alle sue parole.
Eppure Marco, la comunità ecclesiale primitiva, queste parole non le hanno cancellate, non le hanno tralasciate, non le hanno corrette, perché erano convinti che, sotto l’apparente sbaglio di Gesù, si nascondeva una profonda verità, che il discorso apparentemente apocalittico è in realtà un discorso di tipo teologico, che contiene diversi messaggi.


Giovanni e Luca De Campo - S. Pietro, S. Andrea, S. Giacomo maggiore, S. Giovanni - Chiesa dei S.S. Nazzaro e Celso - Sologno, frazione di Caltignaga (NO)4) la collocazione e i personaggi

Gesù parla con Pietro, Giacomo e Giovanni, che vediamo presenti negli episodi più significativi, e con Andrea. I quattro sono i primi discepoli che Gesù ha chiamato, i primi che lo hanno seguito. Questo fatto, e la solennità del linguaggio, fanno di questo discorso quasi una specie di testamento spirituale. Il discorso escatologico sulla fine del mondo prepara il racconto sulla fine terrena di Gesù. Con la morte di Cristo in croce il mondo è arrivato al suo termine, e gli uomini devono vivere la storia come qualcosa che si sta concludendo. Con la morte di Cristo e la sua risurrezione è finita la storia e comincia una storia nuova.


Sacco di Gerusalemme, rilievo dall'Arco di Tito a Roma5) il messaggio messianico

Nel vangelo di Marco Gesù, parlando di se stesso, usa l’espressione Figlio dell’uomo che evoca essenzialmente un’immagine di potenza e di gloria. Eppure negli annunci della passione il Figlio dell’uomo viene identificato con il servo sofferente di Jahvé, con un’immagine di sofferenza e di derelizione. Solo ora, nel discorso escatologico, in un piano temporale in cui la passione è già compiuta, l’espressione Figlio dell’uomo richiama appieno la visione gloriosa del profeta Daniele, dal quale sono tratte anche alcune espressioni apocalittiche qui pronunciate da Gesù.
La gloria segue la croce. Gesù aveva già spiegato ai discepoli che il Messia non coincideva con la figura terrena gloriosa e trionfante che loro aspettavano. Qui ci viene detto che anche per Israele, per Gerusalemme, il Messia non è venuto ad operare una restaurazione del potere, a portare la gloria e la potenza terrena. Il dramma della croce si allarga in qualche modo al Tempio, a Gerusalemme, al popolo di Israele, all’umanità tutta intera, il cui destino terreno sembra apparentemente non dover mutare, malgrado la visione di Isaia di un’era di pace.
Anche per l’umanità la gloria segue la croce. Gesù non è venuto per la restaurazione di Israele, per un’era di pace senza fine collocabile storicamente sulla terra. L’era di pace senza fine viene dopo la fine di Gerusalemme, dopo la fine del mondo. Ma dobbiamo aspettare sino ad allora?


Stephen Gjertson, Maranatha6) lo “sbaglio” di Gesù


“In verità vi dico: non passerà questa generazione prima che tutte queste cose siano avvenute”.
“Quello che dico a voi lo dico a tutti: vegliate!”.
Ciò che Gesù dice riguarda tutto il mondo. Gesù ha parlato ai suoi discepoli, ma riferendosi non solo a loro. Che la fine del mondo sia vicina, Gesù l’ha detto a tutti gli uomini della storia umana, lo sta dicendo ad ognuno di noi, proprio adesso. Il suo messaggio vale per tutta l’umanità. L’umanità continua ad andare avanti, ma per ogni uomo la fine del mondo è a due passi, può arrivare ad ogni momento.
Il discorso dunque passa dalla dimensione cosmica alla dimensione personale. Cosa ci interessa sapere la data della fine del mondo? Per me, per te, la fine del mondo arriva da un momento all’altro, arriva con un’esperienza personale, la morte, che rappresenta il momento decisivo che conclude tutto. Gesù ci ammonisce di non vivere la storia come un qualcosa che non finisce mai. L’incontro con Gesù per noi arriverà molto presto, non possiamo attendere domani per decidere cosa fare della vita. Gesù, quando sembra sbagliare, dice delle cose molto serie ed importanti.

Nella comunità primitiva la convinzione dell’imminente venuta di Gesù è stata un fattore estremamente importante. Ha permesso ai primi cristiani di vivere con molta vitalità, vivacità, slancio, dedizione, purezza, prontezza al sacrificio sino al martirio. Quando poi l’attesa della fine del mondo, della parusia, verrà meno, ed il discorso di Gesù verrà letto non in chiave teologica ma apocalittica, verrà a mancare alla Chiesa qualcosa di molto importante. Il linguaggio della Chiesa diverrà meno eloquente, la forza di convinzione diminuirà, la vivacità della fede e lo slancio spirituale si indeboliranno.


Alain Guerra e Neraldo de la Paz, Martire7) l’ignoranza della fine

L’ignoranza della fine è preziosissima: ogni momento è decisivo, in ogni momento mi devo impegnare a fondo. Questo è il messaggio di Marco: fare di ogni momento il momento decisivo dell’incontro con Cristo. Non vi sono dei momenti più o meno importanti, ogni momento deve essere vissuto a livello di incontro con Cristo, deve essere vissuto come fosse l’ultimo, quello decisivo, deve essere vissuto a tutta forza, a pieno regime.
Gesù questo ce lo dice anche in un altro modo, dandoci i segni storici della fine del mondo: guerre, terremoti, carestie, pestilenze. Questi sono i segni premonitori. Ma tutte queste cose non sono dei segni sporadici che avverranno ad un certo momento della storia, sono avvenimenti di tutti i tempi, coincidono con la storia umana. La storia umana è fatta di guerre, di rivolte, di carestie, di fame, malattie e dolore. Gesù sta barando al gioco quando dice che questi sono i segni della fine, a meno che non voglia far coincidere la storia con la fine dei tempi.
Ogni momento della storia umana si affaccia sulla fine. Ma la storia non riguarda edifici, città, regni,montagne, sole e luna, tutti citati da Gesù, ma riguarda l’uomo. Che io sia un uomo del primo secolo, o dell’anno mille, o del ventesimo secolo, è sempre per me vero che da un momento all’altro arriva la fine.
Gesù ci dice; guardate che io sono vicino, e da un momento all’altro mi incontrate. Vigilate.


Martiri giapponesi8) la persecuzione della Chiesa

Gesù sta ricordandoci quanto dolore c’è nel mondo: le guerre, le uccisioni, le stragi, le malattie, i cataclismi naturali, le carestie… Quanto dolore nella storia! Questi dolori sono il segno che Gesù si sta avvicinando a noi. Anche la Chiesa deve partecipare ai dolori del mondo, ecco il discorso sulla persecuzione. In un mondo in cui c’è tanta sofferenza, anche la Chiesa deve soffrire.
Quanto più la Chiesa è fedele a Cristo, tanto più si contrappone al mondo, si scontra con il mondo, ed è perseguitata. E la Chiesa perseguitata veglia. La Chiesa perseguitata è un segno che Cristo è vicino, ci è vicino. Cristo muore in croce per portarci la salvezza, e la Chiesa deve portare la croce.
L’unico momento di trionfo per Gesù avviene a Gerusalemme alla vigilia della passione. Ogni trionfo della Chiesa deve essere visto come un preludio ad una persecuzione. Quando la Chiesa soffre la sua testimonianza è irresistibile perché non è lei che parla, ma è lo Spirito Santo. Nella Chiesa perseguitata parla lo Spirito Santo.


Artisti del centro Aletti, particolare di un mosaico9) vegliate

Gesù conclude il suo discorso paragonandosi ad un padrone che lascia la casa e affida ai vari servi un compito diverso, in particolare al portiere quello di vigilare. E poi conclude esortandoci tutti a vigilare, a vegliare nell’attesa del suo ritorno.
Cosa significa per me il ritorno di Gesù? Cosa significa la sua attesa? Cosa significa vegliare? La venuta di Gesù deve essere la mia speranza (recitiamo ad ogni messa “finché si compia la beata speranza e venga il salvatore nostro Gesù Cristo”), una speranza che mi accompagna continuamente.
Marco nei primi capitoli del suo vangelo ci ha mostrato un Gesù che libera dalla malattia, dalla morte, dalla sofferenza. Ci ha poi mostrato un Gesù che ci raduna nel deserto, ci sfama e ci guida, come un pastore guida le sue pecore. Ora ci dice che Cristo libererà il mondo, libererà ognuno di noi da questi mali, dopo che avremo attraversato il deserto assieme a lui. Marco ha insistito molto sull’importanza dello stare con Gesù: anche gli apostoli sono stati scelti in primo luogo perché stessero con lui. Stare con lui significa partecipare a ciò che lui fa, anche quando porta la croce. Ognuno di noi ha un compito diverso nella casa del Signore, ognuno ha la sua mansione. Ma tutti siamo i portieri, tutti dobbiamo vegliare.
Vegliare significa stare con Gesù nel deserto, attraversarlo assieme a Gesù, partecipare alla sua passione, in attesa di partecipare alla sua gloria eterna, essere con lui come figli nel seno del Padre.




Fonte: da Progetto 1991

 

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