Il vangelo di Marco (19/21)

Pubblicato il 27-09-2012

di p. Mauro Laconi

di p. Mauro Laconi, op - Mc 11,15-19.27-33.12,13–37: la Chiesa vive per portare il mondo a Dio (2/2).

Tiziano, Cristo della moneta5) il secondo ed il quarto episodio

Anche l’episodio del tributo a Cesare è molto vigoroso. Il tranello che i farisei tendono a Gesù è di tutt’altro genere del tranello verbale dei sadducei: è infatti pericolosissimo. Il tributo che bisognava pagare ai romani, non era certo leggero, ma soprattutto lo si doveva pagare a dei pagani, a degli idolatri, e questo per Israele era una umiliazione paurosa.
E quelli che stavano preparando la rivolta sui monti, gli zeloti, insegnavano al popolo che non bisognava pagare il tributo ai romani. Quindi chi avesse avuto il coraggio di dire al popolo: sì, dovete pagare il tributo, si sarebbe messo in una posizione pericolosissima, si sarebbe dichiarato amico dei romani. D’altra parte i romani avevano mezzi molto efficaci di coercizione tributaria, e non amavano certo chi incitava alla evasione, non sarebbero stati teneri con lui.
Quindi, apparentemente, a quel tranello non si poteva sfuggire che con il silenzio, in quanto i farisei pongono la domanda diretta: dobbiamo pagare il tributo sì o no? Il che equivale a chiedere: sei con i romani o contro i romani? O meglio: ti metti contro Israele o contro Roma?
Eppure Gesù è riuscito a sfuggire, ad aggirare il tranello con una risposta geniale, che li lascia meravigliati: “Rendete a Cesare ciò che è di Cesare ed a Dio ciò che è di Dio”. Anche a Dio bisogna pagare un tributo, ma quale? Gesù sta polemizzando con i farisei, gente religiosissima, convinta di pagare il giusto tributo a Dio con l’osservanza scrupolosa e totale della Legge. Eppure Gesù sta dicendo loro che c’è un tributo che loro non vogliono pagare: la fede nel Messia. Gesù sembra dire loro: voi siete scrupolosi nell’osservanza della Legge, insegnate le scritture, siete dei maestri bravissimi, eppure i diritti di Dio non li rispettate; Dio è venuto in mezzo a voi, ha mandato il suo Cristo, il suo Figlio, e voi non lo accettate.
È chiaro, anche in Marco, che Gesù non si presenta soltanto come Messia, ma come Figlio di Dio, ed i farisei per questo lo porteranno in croce. Non hanno pagato il tributo a Dio con un atto di fede in colui che Dio ha mandato.

Cerezo Barredo, Il comandamento più grandeIl quarto episodio, quello del comandamento più grande, ci dice invece come bisogna vivere questa fede in Cristo. Quale fosse il più grande, il primo di tutti i comandamenti era un problema che si ponevano gli scribi ed i farisei, perché i precetti di Dio erano veramente tanti: il decalogo, i precetti dell’Esodo, dei Numeri, del Levitico, del Deuteronomio, veramente una massa. I farisei poi li avevano moltiplicati, e di quel complesso farraginoso di precettistica la gente non riusciva a praticare tutto. I farisei stessi quindi a volte erano portati a domandarsi che cosa veramente contasse in quella montagna di precetti.
Ed ecco che uno scriba, ammirato dalle risposte di Gesù, gli chiede il suo pensiero al riguardo, e Gesù risponde che il primo comandamento è l’amore di Dio e quello dei fratelli. Collega genialmente due passi lontanissimi tra loro, un passo del libro del Deuteronomio (amore di Dio) ed un passo del Levitico (amore per il prossimo), che l’insegnamento abituale del fariseismo non era mai arrivato in modo così chiaro a collegare, facendone una norma fondamentale di comportamento.

La vita dell’uomo è tutta lì, Gesù non chiede altro: amare Dio e, nell’amore di Dio, amare i fratelli è l’unica proposta evangelica, in cui tutte le altre si riassumono. Tutto il resto della vita ha poca importanza, persino la legge cultuale. Dio vuole il mio culto e la mia adorazione, ma prima ancora vuole l’amore verso i fratelli. Se io amo Dio oppure no, lo dimostro con il mio comportamento nell’incontro con le persone che trovo sulla mia strada durante ogni mia giornata. Ecco il vero culto spirituale del discepolo di Gesù. Se Gesù è venuto a cambiare il mondo, è venuto con questo precetto: “ama il prossimo tuo come te stesso”.
Questo, messianicamente, dice e fa Gesù nel Tempio. Con che autorità?


Carl Heinrich Bloch, Cacciata dei venditori dal Tempio6) il primo ed il quinto episodio

“Con quale autorità fai queste cose?”. I sacerdoti del Tempio, che erano responsabili dell’andamento del culto, avevano tutti i diritti di porre questa domanda, perché Gesù si è comportato in modo inaccettabile. È andato nel Tempio, ha scaraventato via tutti i venditori, ha buttato giù i tavoli dei cambiavaluta con tutte quelle monete, ha mandato via le bestie, i mercanti. Incredibile. La reazione è ancora abbastanza moderata, potevano anche arrestarlo. Uno che si comporta come Gesù nel Tempio lo si arresta. I farisei si limitano a chiedergli, con quella domanda, i suoi documenti, i suoi documenti messianici. La risposta di Gesù è negativa e pare dire: io non vi rivelo con che autorità faccio queste cose, voi dovete credere in me senza che vi porti alcun motivo per credere.
D’altra parte quali documenti messianici poteva presentare Gesù? Più che vivere e morire per gli altri, fare miracoli, risanare e insegnare ai poveri!…. ecco il suo certificato messianico.

Questo è uno degli aspetti caratteristici del vangelo di Marco: Gesù non spiega mai perché bisogna credere, chiede la fede in lui ma non dà mai motivi per credere. Anche i miracoli li fa quando c’è già l’atto di fede. Se manca la fede potrebbe fare un miracolo, e così la fede verrebbe, ma non fa così. Sarebbe come dare una prova, e invece bisogna credere senza prove: la fede scaturisce spontanea dall’animo. Anche altrove gli vengono chieste prove della sua messianicità. Nel cap. 8 i farisei gli chiedono un segno dal cielo perché, secondo la tradizione giudaica, il Messia avrebbe ripetuto il miracolo della manna, il segno dal cielo. Ma Gesù, con un profondo sospiro, domanda “Perché questa generazione chiede un segno?”. Perché chiedono un segno? Ma per credere, naturalmente. Eppure è qui il problema; per Marco non si crede nei segni, non ci sono segni per credere. L’unico motivo per credere è Cristo: egli ti viene incontro, ti chiede un atto di fede, e lì la fede deve scaturire.
Marco non crede ad una fede che nasce per ragionamento: ho visto un miracolo, e se ha fatto un miracolo è Dio, ed allora credo. La fede scaturisce perché Cristo ti chiede: vuoi credere in me? L’atto di fede nasce dal cuore, non per degli argomenti o delle prove. L’atto di fede è uno dei temi fondamentali del vangelo di Marco: la fede come un prodigio.

Se non ho dei motivi per credere, allora perché credo? L’unica risposta è che dall’incontro con Cristo in me è scaturito un prodigio, il prodigio della fede. Come è stato un prodigio divino la venuta di Gesù nel mondo, così è un prodigio divino l’atto di fede degli uomini in Gesù, non una conclusione razionale, una deduzione dell’intelligenza. La teologia scaverà nel mistero dell’atto di fede, ma rimane un mistero che non è possibile analizzare in modo logico e razionale: è un qualcosa che scocca in me perché io ho incontrato Cristo, eppure è un atto libero, la libera accettazione di un dono, o il suo rifiuto.

Curioso e molto breve è l’ultimo episodio. Anche questo è un contrasto, con gli scribi, dove però gli scribi non dicono nulla; chi parla è soltanto Gesù. Polemizza con loro e chiede alla gente come mai gli scribi dicano che il Messia è figlio di Davide, se Davide lo chiama il suo Signore. Se Davide lo chiama il suo Signore non può essere suo figlio. E allora di chi è figlio? Rimane l’interrogativo. Ci attenderemo la risposta: è figlio di Dio, ma la risposta dobbiamo darla noi. La risposta, in Marco, la troveremo sotto la croce. Il centurione, vedendo Gesù morire, dirà “Veramente quest’uomo era figlio di Dio”. Soltanto attraverso la croce si arriva a Gesù.


Unknown, Buon pastore7) epilogo

Sono pagine molto abili, fatte in modo che il lettore sia preparato, per i lati negativi (i contrasti) ad un vuoto attorno a Gesù che sarà colmato dalla croce e per i lati positivi (insegnamenti), a completare il messaggio del vangelo.
Eppure il racconto di queste pagine si conclude con una annotazione positiva: la numerosa folla lo ascoltava volentieri. Gesù morirà in croce, ma la folla lo ascolta volentieri. Con la croce non finisce tutto. Dopo la croce questa folla la ritroveremo di nuovo: sarà la Chiesa.




Fonte: da Progetto 1991

 

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