Il sì che dà vita

Pubblicato il 27-12-2011

di Rosanna Tabasso

Il sì è sì se crea vita intorno, proprio come una nuova continua creazione.

 

Il sì totale e senza condizioni con cui aderiamo al Signore nella nostra Fraternità non ha il sapore della costrizione, è piuttosto il frutto di una scelta personale, libera e matura che ci rende persone disposte a dare la vita. Vorrei dire “capaci di dare la vita”, ma nelle cose di Dio capaci non lo si è mai, non si è mai abbastanza capaci di contenere la grandezza di Dio. Per questo è sempre Lui che si fa vicino, fa il primo passo e noi, per sua grazia, ci disponiamo ad accogliere qualche suo progetto e a realizzarlo.
Nel cercare la strada del dare la vita per amore, liberi di scegliere, diventiamo persone complete, formate e scopriamo le potenzialità di un sì che si ripete ogni giorno, sempre nuovo, sempre più profondo, sempre più libero. Il sì è vero solo se è libero da condizionamenti, solo così la persona mette in atto tutte le sue potenzialità di amare. Si arriva ad essere liberi anche nel dare la vita, liberi anche quando si accettano le condizioni poste da altre persone – e nel vivere insieme succede spesso! – o da fattori esterni – una malattia, la perdita di una persona cara, la partenza per un Paese lontano. Proprio in condizioni così estreme, una persona davvero formata arriva a sentirsi libera, leggera, realizzata anche quando umanamente perde tutto. L’amore non è amore se non è nella libertà. In questa libertà sperimentiamo di poter amare con cuore indiviso, amare ognuno come ama Dio, che si fa tutto a ognuno. Gesù ci insegna bene questa relazione d’amore profonda con ognuno di quelli che incontra e ci fa gustare che per Lui ognuno è unico.

Vivendo in fraternità, famiglia di famiglie, impariamo nella libertà ad amarci l’un l’altro e nello stesso tempo ad amare tutti come fratelli, come amici, ma senza creare dipendenze che ci limitano nel dono, senza cercare il contraccambio, soprattutto senza diventare dipendenti dall’umore degli altri. Nelle nostre relazioni facciamo spesso esperienza del doverci difendere dall’altro che ci aggredisce o che cerca di prevaricarci e spesso ci attrezziamo con terribili meccanismi di difesa che ci accompagnano tutta la vita e fanno di noi un po’ vittime e poi – per reazione – un po’ aggressori. Oppure spesso sperimentiamo quanto sia facile che l’umore di uno condizioni l’umore di tutti, quanto sia facile che il cattivo umore dilaghi, come un male che attrae altro male. La dipendenza che spesso si instaura nei nostri rapporti rattrista, tira fuori il peggio. È così dappertutto e nemmeno famiglie e comunità sono risparmiate da questa lotta dell’io che cerca di trovare il suo spazio. Fino ad un certo punto è normale che sia così, ma poi crescendo bisogna diventarne consapevoli e iniziare ad arginare l’io per far spazio al noi.

È necessario assumersi questa responsabilità per formare famiglie e comunità dove l’armonia tra le persone prevalga sulle lotte personali, dove non ci sia più bisogno di difendersi dall’altro (la vera forza sta nel restare disarmati!), dove l’umore di uno sia subito arginato dall’amore degli altri e il negativo di uno non condizioni tutti a tirar fuori il proprio negativo. Il Vangelo ci immerge in questo nuovo modello di relazione: Gesù comunica ad ognuno un bene più grande, fa semplicemente del bene ad ognuno, tira fuori da ognuno il bene. È un modo nuovo di vivere insieme e di vivere bene: un amore libero che libera chi lo sperimenta, rallegra la vita di chi lo vive, ci immerge nella gratuità del dare senza chiedere nulla in cambio, semplicemente ci fa scoprire la gioia di far felici gli altri. Un sì è un bene che si comunica, comunica speranza e gioia e per questo è contagioso, attrae altri sì. Non basta dire sì una volta nella vita per vivere così. Per entrare in questa mentalità e vivere questo stile ci vuole un sì che si ripete ogni giorno, con buona volontà, cercando di capire le ragioni di tutti, cercando di cambiare con grande umiltà, con severità ed ironia, per non lasciarsi prendere dall’arroganza, dalla superbia. Come Maria.

dalla rubrica di NP 2011 LA REGOLA DEL SERMIG

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