Due sotto il burqa

Pubblicato il 03-02-2018

di Aldo Maria Valli

di Aldo Maria Valli - Leila, origini maghrebine, è una studentessa di scienze politiche. Vince uno stage a New York e progetta di andarci con il fidanzato Armand, figlio di due iraniani rifugiati politici. Alla vigilia del viaggio ricompare Mahmoud, fratello maggiore di Leila, che si era trasferito per lavoro nello Yemen. È molto cambiato: da ragazzo gentile e sensibile, è diventato un islamista fanatico.

Rinchiusa Leila in casa, le sequestra il cellulare e cerca di “rieducare” anche il fratello minore. Per Armand avvicinare la sua ragazza diventa impossibile. Così si traveste da donna e diventa Sherazade, giovane musulmana devota che indossa sempre il niqab, il mantello nero che copre l’intera figura femminile lasciando scoperti solo gli occhi. In più, per calarsi totalmente nella parte, studia il Corano e diventa un modello di religiosità, tanto che Mahmoud si innamora perdutamente della misteriosa Sherazade.

È la trama di Due sotto il burqa, film della regista franco-iraniana Sou Abadi, che racconta così le seconde generazioni dei musulmani emigrati in Europa, senza tralasciare il problema del fanatismo islamico che spesso colpisce proprio i musulmani nati in Occidente.

La commedia riesce a far riflettere attraverso il sorriso. Specie perché evita di cadere nel solito cliché dei giovani disagiati e alienati. Mahmoud infatti appartiene alla classe media e non è un emarginato, come prova sua sorella, lanciata verso una bella carriera professionale. Orfano di genitori, sembra spinto verso l’integralismo islamico da una carenza affettiva. Anche la periferia parigina è raccontata senza facili stereotipi. I giovani che la abitano sono tutti diversi. Sinna, fratello di Leila, è credente ma a modo suo; Leila non è religiosa; Fabrice, francese convertito all’islam, ora si fa chiamare Farid; Mahmoud, per combattere le sue incertezze, si rifugia in una visione totalitaria della fede; Armand è tanto integrato da non provare alcun interesse per tutto ciò che è iraniano.

La realtà, insomma, è più complessa di come la si vuol dipingere. E anche l’integralismo ha più di una spiegazione.

Aldo Maria Valli
THE INSIDER
Rubrica di NUOVO PROGETTO

 

 

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