Inclusione

Pubblicato il 11-09-2017

di Paolo Miotti

Nessuno è perso per sempre
La vita negli Arsenali ci ha fatto incontrare carcerati, uomini e donne di strada, persone che hanno sbagliato. Abbiamo capito che un giudizio è come una condanna a morte. Chi è segnato dalla sua storia passata ha bisogno di trovare nelle parole di fratelli e sorelle che imparano a non giudicare, la certezza che i germi di bene possono risvegliarsi anche nell’uomo più smarrito. Un vero incontro può sempre mettere in movimento qualcosa, unendo alla forza dell’amore la pazienza e la severità di un metodo che offra all’altro la stessa possibilità che vorremmo per noi: voltare pagina e ricominciare.

Fraternità Sermig

MI SENTO DAVVERO LIBERO, QUI È PROPRIO UNA BELLA VITA!
No, non sono parole di un ragazzo che sta vivendo una nuova esperienza in un luogo esotico, ma di un giovane, detenuto da anni presso il carcere Due Palazzi di Padova.

Sì, perché il Mondiale dei Giovani ha varcato in silenzio anche le soglie del carcere padovano, in un confronto aperto, sincero, familiare, tra 60 giovani e 20 persone detenute.

Tra lacrime, ironia, sguardi pieni di speranza e di paura, abbiamo scoperto un’umanità inaspettata, di certo ferita, ma più viva che mai.

Uomini che stanno lottando per riscoprire il senso della propria vita, che hanno chiaro nella testa e nel cuore il male che hanno scelto e compiuto, ma anche la possibilità che ora hanno tra le mani di ricominciare e di cambiare. «La giacca che ora indosso e che mi son guadagnato lavorando alcuni giorni qui in carcere, fuori con quello che facevo prima, me la guadagnavo in 5 minuti… ma ora questa giacca me la sento veramente mia!». «Frequentavo l’oratorio, eppure questo non mi ha impedito di fare certe fesserie, perché lì non ho mai trovato nessun vero riferimento », «Ho più paura del giorno in cui dovrò uscire dei tanti giorni che ancora dovrò passare qui dentro, perché fuori, per tutti, sarò solo un ex carcerato e questa etichetta ti segna per sempre!».

Uomini forse non così diversi da quei giovani che nel pomeriggio hanno invaso Prato della Valle, con le stesse paure, le stesse debolezze, con gli stessi sogni e desideri, segnati da un passato lontano, ma ora desiderosi di dimostrare che il loro oggi e futuro può essere diverso da quel passato. Perché a chi accetta di mettersi in gioco viene offerta la possibilità di incontri, catechesi, servizi, formazione, percorsi di studio. Perché qui c’è ancora chi non giudica e crede che il tempo della detenzione possa essere un tempo di ripensamento, di rinascita e non solo una parentesi tra un prima e un dopo che è già stato scritto.

«Ho tanta paura di ricaderci, quando uscirò da qui, perché dei carcerati che escono il 70% rientrano per lo stesso reato». Questa è la paura che ogni giorno don Marco Pozza e il gruppo di volontari del carcere, Maddalena, Chiara, Marco, vedono negli occhi di quanti incontrano, una paura che paralizza, ma che insieme provano a trasformare in occasione di riscatto.

Forse mai come per questo angolo di mondo sono vere le parole del Mondiale: l’odio, il rancore, il passato non ci fermerà, ripartiamo dall’amore, dal bene, ripartiamo dall’oggi che è ancora nelle nostre mani.

Paolo Miotti
dalla Casa di reclusione Due Palazzi di Padova
In collaborazione con don Marco Pozza e la diocesi di Padova

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