Il seme gettato

Pubblicato il 23-05-2017

di Guido Morganti

di Guido Morganti - Inutile nasconderlo, il futuro fa paura alle giovani generazioni. I giovani sembra non abbiano ragioni di speranza. Specie in Italia si è evidenziata la frattura tra generazioni. Pensiamo anche solo all’enorme debito pubblico inventato negli anni ’80, gli adulti avevano scelto di passarsela bene caricando i problemi sulle spalle di chi avrebbe dovuto pensarci in futuro. E poi ma-estri non saggi, artefici di una cultura dominante pronta a dar voce al tutto e subito, a giustificare l’uso di droghe, a intendere la libertà come fare quello che l’istinto, e forse anche l’egoismo, suggerisce, a non discernere il bene e il male, a rifarsi al relativismo e così via. All’interno di questo panorama è comunque rimasto vivo un senso della vita e dei valori molto diverso: sacche d’aria che hanno permesso di respirare la speranza e il desiderio di partecipare a costruire una società diversa.

Il Sermig, che contiene il termine giovani nel suo acronimo, da sempre punta sulla loro partecipazione per portare nel mondo bontà, dialogo, condivisione, restituzione, pace. Una pace che, partendo da dentro se stessi, viene condivisa con chi è vicino e, come effetto moltiplicatore, proiettata nel mondo.

Una tappa di questo cammino è rappresentata dagli Appuntamenti Mondiali dei Giovani della Pace. Giovane il futuro sei tu è il titolo che ha animato nel 2002 a Torino il Primo Appuntamento. Scorrendo gli altri titoli – La pace vincerà se dialoghiamo, Asti 2004; Il mondo si può cambiare: io ci sto, ci metto la faccia, L’Aquila 2010; Appuntamento con la coscienza, Napoli 2014; L’odio non ci fermerà, ricominciamo dall’amore, Padova 2017 – troviamo come fil rouge che si può squarciare il buio, che è possibile costruire il futuro senza lasciarsi travolgere da ciò che ci rotola addosso.

D’altronde se non lo innaffi, il suolo arido non fiorisce. D’accordo, questi incontri possono anche non aver cambiato il mondo, ma se anche avessero fatto rivivere un solo ragazzo avrebbero avuto un forte significato, perché la vita di una persona vale, e vale molto. In realtà hanno cambiato la vita a tantissimi ragazzi.

Hanno portato un po’ di pace? Sì, basta sentire le testimonianze di tanti giovani provenienti da situazioni di violenza.

Hanno portato cultura? Sicuramente sì, la fase di preparazione, gli incontri dell’UdD, le settimane di formazione negli Arsenali, non sono state semplicemente acqua che è corsa sotto i ponti, ma hanno avuto come protagonisti tanti giovani.

Hanno formato ed educato? Sì, nelle piazze mai grida di odio, di rivalsa, di condanna. Piazze di sì e non di no, che alla fine sono sempre state lasciate pulite, simbolo della pulizia del cuore: non basta fare il bene ma bisogna farlo bene e con cuore buono.

Hanno portato solidarietà? Non solo solidarietà, ma amore nato dall’esigenza di restituire il proprio dono agli altri. Volendo tradurre tutto questo in numeri, tonnellate di cibo, progetti di sviluppo, attrezzature e strumenti tecnologici per affiancare i processi di crescita sia materiale che formativa.

È sufficiente per trasformare la disperazione in speranza? Sicuramente no, però c’è un dato ineludibile da ribadire fortemente: con gli Appuntamenti Mondiali dei Giovani si è portata vita. E la vita è quello che conta. E la vita è responsabilizzarsi, costruire l’oggi per proiettarlo nel domani. Il futuro “non ci verrà addosso come un meteorite dal cielo, ma saremo noi a costruirlo. E questa costruzione è attuata giorno dopo giorno, pur nell’accavallarsi dei fatti. Dobbiamo forse ritrovare, o trovare per la prima volta, degli spazi di tempo per meditare, per riconoscere l’impronta di Dio creatore in noi e di Cristo salvatore nel mondo, per cercare di seguire i grandi disegni della provvidenza su ciascuno di noi e sull’umanità. Anche se non riuscissimo a vederli nel singolo fatto, nel singolo dolore, nel singolo silenzio che non risponde a una nostra più o meno pressante richiesta. Se credessimo, forse, di più che Dio è entrato nella storia dell’umanità, che ha mandato suo Figlio per salvarci e a partecipare a questa storia, essa ci spaventerebbe meno, anzi potrebbe essere fonte di speranza, di significati, di impegno”. Lo scriveva su queste pagine più di un quarto di secolo fa Giorgio Ceragioli, pensieri sempre attuali e saggi, gettati come un seme nel terreno che ognuno può rendere fertile o arido.





FOTO : MAX FERRERO

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