Ribalta televisiva

Pubblicato il 06-07-2016

di Michelangelo Dotta

di Michelangelo Dotta - Molti forse pensavano che il Silvio Berlusconi presidente del Consiglio avrebbe per lungo tempo detenuto il record di presenze in televisione; come premier e parallelamente imprenditore nel campo della comunicazione, ci eravamo abituati a vederlo effigiarsi sullo schermo tutti i giorni, più e più volte, sempre presente e sorridente come un folletto audace capace di sbucare e prender forma nelle pieghe più recondite di ogni palinsesto.

Era la manifestazione vivente della politica e del consenso costruiti nei TG ma soprattutto nei salotti catodici tanto cari agli italiani, l’essere che per definizione si alimentava e si rigenerava al calore delle luci della ribalta, abbronzato, perfettamente truccato e liftato in perenne attesa di una telecamera compiacente. Ma secondo le analisi e le rilevazioni statistiche della Geca Italia, abbiamo tutti peccato in ottimismo illudendoci di aver chiuso l’epoca berlusconiana seppellendo con essa anche un modo di fare politica che ci aveva portato alla nausea e ad un salvifico distacco.

I dati parlano chiaro, confrontando le presenze televisive di Renzi nel mese di marzo 2016 con quelle di Berlusconi nel medesimo periodo del 2011, la spunta alla grande il Matteo nazionale con 84 minuti giornalieri per un totale di 19 ore e 5 minuti contro gli allora 56 minuti giornalieri del Cavaliere per un totale mensile di ben 5 ore inferiore.

Ora è vero che l’attuale presidente del Consiglio è in contemporanea anche segretario del PD, e in quella veste raccoglie ulteriori spazi di attenzione televisiva, ma il dato si rivela comunque sorprendente non tanto per il monte ore di comparsate accumulato, ma per la lenta assuefazione del pubblico ad un potere che gioca più sulla famigliarità che sul consenso, sui proclami ad effetto che sui programmi.

Ma in fin dei conti la politica televisiva inaugurata in pompa magna da Berlusconi e ripresa e amplificata da Renzi è quella che gli italiani sembrano gradire di più e comprendere meglio; la ribalta mediatica esercita seduzione cui non sappiamo resistere, comunica apparente immediatezza operativa, premia l’irruenza e la strategia d’attacco piuttosto che il tedioso pacato ragionamento, e su questo terreno il premier conosce pochi avversari. La politica trasformata in arena si converte così in puro antagonismo, diventa sfida spietata, scommessa secca, nutre e coltiva il pericoloso mito del super-uomo al potere capace di zittire la platea di chi non lo compiace o semplicemente non condivide le sue idee.

È un gioco pericoloso con cui la democrazia è costretta a misurarsi e rischia di uscirne un po’ ammaccata, ma se è vero che la ribalta televisiva incorona i suoi miti e alimenta il consenso, è altrettanto vero che in ogni momento può spegnere i suoi riflettori e consegnare all’oblio... Berlusconi docet.

 

 

 

 

Rubrica di Nuovo Progetto

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