Dal palcoscenico allo schermo...

Pubblicato il 02-05-2016

di Davide Bracco

di Davide Bracco - Già più volte abbiamo sottolineato come la sala cinematografica si stia evolvendo in un tentativo di assumere una posizione privilegiata nei confronti degli schermi televisivi.
Andare al cinema non vuole più soltanto dire vedere un film (in condizioni tecniche spesso migliori di quelle offerte dal tv di casa) ma assistere ad un concerto, ad un’opera lirica o spettacolo teatrale in scena, magari in contemporanea, in una città diversa dalla propria.

Lo scorso agosto mi trovavo a Londra con famiglia al completo e su tv e giornali fioccavano elogi per Benedict Cumberbatch, il protagonista di The imitation game al cinema, lo Sherlock Holmes della serie tv. L’attore stava superando a pieni voti la prova-Shakespeare, con una recitazione incensata dalla critica nella prima dell’Amleto in scena al famoso Barbican Theatre. Lo spettacolo, diretto dalla regista Lyndsey Turner, era tra i più attesi e chiacchierati dell’anno. I biglietti erano spariti praticamente subito, in quello che i giornali d’oltremanica hanno definito il tutto esaurito più veloce nella storia del teatro britannico.

Per un attore inglese cimentarsi con Amleto a teatro è una vera prova del fuoco e in questo caso la critica più accademica ha storto il naso, non tanto per la recitazione, ma di fronte ad una messa in scena mossa dall’evidente scopo di rendere la tragedia appetibile al pubblico giovane motivato dalla presenza di un loro idolo sul palco. Molte perplessità ha suscitato la scena di apertura, in cui Amleto ascolta Nature Boy di Nat King Cole su un grammofono, e i costumi moderni, con Cumberbatch che indossa una maglietta con l’effigie di David Bowie e una felpa col cappuccio.

Già in occasione di una delle ultime rappresentazioni furono oltre 200mila gli spettatori che da 25 Paesi si collegarono via satellite per seguire in diretta l’Amleto dal National Theatre di Londra. Ora in occasione delle celebrazioni per i 400 anni dalla morte del più grande scrittore mai esistito, lo spettacolo ritorna a metà aprile per due serate nei cinema italiani in una visione in lingua originale (per apprezzare la lingua del Bardo e la recitazione degli attori senza doppiaggio) con sottotitoli in italiano.

Penso che esperimenti come questo vadano sostenuti e non combattuti: avvicinare spettatori nuovi – attirati dal divo di turno – in un cinema prima e, si spera, in un teatro poi è certamente un compito lodevole. Lasciamo ai parrucconi il vezzo di diffidare del mezzo utilizzato: un genio come Shakespeare capace di arrivare a tutti non solo a teatro ma anche quando tradito dal cinema e dall'opera lirica credo non si sarebbe certo lamentato.
In questi giorni e fino a tutto aprile un teatro torinese riempie la sua sala con una trasposizione in otto puntate de I tre moschettieri: Athos, Porthos, Aramis e D’Artagnan sfidano in carne e ossa (e spade sguainate) le guardie di Richelieu.
Il più bel romanzo di avventura (pubblicato da Dumas senza sacralità a puntate su un giornale all’epoca) esce dalle librerie e appassiona grandi e piccini. Una voce serpeggia tra il popolo: tutti al cinema, tutti a teatro!

Rubrica di Nuovo Progetto

 

 

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