Generatività

Pubblicato il 02-05-2016

di Tiziana Ciampolini

di Tiziana Ciampolini* - Generare nuove risorse per produrre sviluppo. scegliamo di ripartire dai piu’ poveri. La crisi economica iniziata nel 2008 ha portato in Italia al raddoppio dei poveri assoluti passati da 2,4 del 2008 a 4,8 milioni di individui nel 2012 (dal 4,1% all’8% della popolazione, e dal 4,1% al 6,8% delle famiglie), e a cambiamenti nel loro profilo: l’incidenza della povertà assoluta aumenta soprattutto tra le famiglie senza occupati e tra gli immigrati, oltre che in categorie prima meno colpite, come le famiglie più giovani, quelle meno numerose (1 o 2 figli), gli individui residenti al Nord e al Centro. Parallelamente, in particolare dal 2009, sono diminuite le risorse pubbliche stanziate per il sociale e i trasferimenti pubblici ai Comuni, che, già modesti, non possono essere paragonati alla spesa per la protezione sociale di altri Paesi europei. Nonostante i tentativi di riorganizzazione dell’offerta di servizi, di individuazione di nuovi finanziamenti, di alleanze con i settori profit e non profit, la lotta alla povertà è una battaglia ancora aperta (Caritas Italiana, 2014).

È ormai chiaro che gli interventi di contrasto alla povertà non possano essere più realizzati come avveniva prima della crisi. È comune la consapevolezza che, per produrre risposte efficaci, i processi debbano coinvolgere non solo singole persone in difficoltà, ma interi sistemi territoriali. Accanto ad azioni puntuali rivolte a persone e famiglie, è necessario attivare sinergie multilivello che cerchino soluzioni a problemi di interesse collettivo. In questo modo è possibile andare oltre la prospettiva dell’assistenza, riattivando pratiche di reciprocità e producendo contemporaneamente valore sociale e valore economico. Per facilitare questi processi, il progetto sperimentale di Caritas Italiana “Azioni di sistema anticrisi” ha dato vita a Torino all’organismo S-Nodi, che si pone l’obiettivo di co-progettare, sviluppare e valutare iniziative locali che hanno la potenzialità di diventare policies per nuove forme di welfare. I suoi primi progetti pilota riguardano tre dimensioni fondamentali: cibo, abitazione e istruzione.



STORIE DI PERSONE E DI PROGETTI
“Fa bene” è uno di questi progetti pilota, ideato e avviato da una rete di associazioni, architetti e creativi, cooperative, commercianti e cittadini che condividono un’idea semplice: chi compra al mercato di Piazza Foroni, in Barriera di Milano a Torino, può acquistare alimenti in più, oltre alla propria spesa, destinati a chi non può permettersi cibo fresco e di qualità. I commercianti del mercato, inoltre, mettono a disposizione il loro invenduto a fine giornata. Quanto raccolto viene poi suddiviso e consegnato in bicicletta alle famiglie segnalate dai servizi sociali; chi riceve, a sua volta, ricambia quanto ricevuto impegnandosi a favore della comunità. Nel giro di pochi mesi, al progetto “Fa bene” hanno aderito 60 commercianti, che hanno riconosciuto i vantaggi economici e sociali dell’iniziativa. Ad un anno dal suo avvio, il progetto è stato esteso ad altre due circoscrizioni torinesi e sono stati siglati accordi con le istituzioni locali. Tra le persone occupate stabilmente in “Fa Bene”, diversi sono gli ultracinquantenni reinseriti nel mondo del lavoro: le loro storie sono molto diverse, ma tutti sono stati capaci di rimettersi in gioco, senza cedere allo sconforto. Le loro esperienze sono esempi di “inclusione” e di contemporanea “coesione” sociale, di un contesto che ha saputo modificarsi per accogliere.

Il secondo progetto pilota di S-Nodi è Giovani Investimenti, dedicato a sostenere quelle famiglie del quartiere di Barriera di Milano che vogliono garantire un’adeguata formazione ai propri figli. Il territorio è caratterizzato dal più alto tasso cittadino di insuccesso e abbandono scolastico, da una rilevante presenza di famiglie a basso reddito, da un tasso di immigrazione doppio rispetto alla percentuale cittadina e da una significativa mancanza di protagonismo giovanile. La sperimentazione ha coinvolto 50 ragazzi del biennio della scuola superiore, cui insegnanti volontari e qualificati hanno dedicato 1500 ore di ripetizioni in poco più di 6 mesi. In questo caso, come in quello precedente, attraverso un “patto di reciprocità”, i giovani coinvolti sono stati chiamati a “restituire” quanto ricevuto, partecipando ad un progetto di comunicazione sociale, costruendo idee e iniziative per lo sviluppo di nuove risposte sociali. Anche via Ghedini 6 è un indirizzo di Barriera di Milano. È l’indirizzo di una delle sei case di ospitalità notturna del Comune di Torino. Qui si svolge Costruire bellezza, il terzo dei progetti pilota di S-Nodi, che interviene sull’empowerment delle persone senza dimora. Nel progetto sono coinvolti studenti di design del Politecnico di Torino, di antropologia e scienze dell’educazione dell’Università, operatori sociali del Servizio Adulti in Difficoltà del Comune, educatori delle cooperative sociali e utenti dei servizi. Attraverso la progettazione partecipata di workshop e laboratori, insieme sperimentano quelle condizioni di benessere e di relazione necessarie per mettere in valore le capacità e le competenze di ciascuno. Riattivare la fiducia in se stessi, riallacciare relazioni significative, recuperare abilità e riconoscersi capaci di progettare sono gli elementi alla base di ogni percorso di inclusione sociale e abitativa.



METTERE AL CENTRO LE RELAZIONI PER GENERARE NUOVE POLITICHE
I progetti pilota di S-Nodi permettono alle persone di riallacciare relazioni “dense”, di immaginare possibilità nuove, di fare esperienza della cura e della responsabilità diretta che ciascuno può assumersi verso l’altro. L’innovazione sociale si manifesta nel contributo che le persone danno alla creazione e all’evoluzione dei propri ambienti di vita, persone diverse per età, genere, ceto sociale, competenze, ruolo sociale e professionale che condividono lo stesso contesto e lo stesso bisogno di stare bene, declinando in modo nuovo il concetto di “wel-fare”. In questo caso non c’è differenza tra chi dà e chi riceve, tra operatore e volontario, tra utente e professionista: ciascuno è chiamato a compiere entrambe le azioni, per un impegno di co-creazione e co-produzione in vista della realizzazione di obiettivi e beni comuni.

Le “Azioni di sistema anticrisi” di Caritas Italiana hanno tra gli obiettivi la costruzione di nuove forme di networking, sia per alimentare possibilità e opportunità per le persone, sia per accrescere, sul piano collettivo, la sfera dell’interesse comune. Queste nuove pratiche potrebbero anche inaugurare una nuova stagione per la governance pubblica e per la politica in generale, articolando in modo inedito obiettivi, performances e valutazioni. Dai territori stanno nascendo soluzioni da riconoscere e monitorare per selezionare e sostenere le più efficaci affinché durino e si replichino in modo idoneo in altri contesti divenendo infine politiche che, attraverso regole nuove, portino sviluppo per tutti.

ABBIAMO BISOGNO DI GENERATIVITA’
Su scala mondiale, gli ultimi 30 anni hanno segnato un periodo di grande trasformazione, durante il quale sono stati raggiunti straordinari risultati dal lato della crescita economica e della diffusione della democrazia. Centinaia di milioni di persone sono entrate nel circuito dello sviluppo, modificando radicalmente la geopolitica e la geoeconomia planetarie.
Le montagne di debiti accumulati, i problemi ambientali ed energetici, l’aggravamento dei livelli di disuguaglianza, i diffusi sentimenti di paura, i fallimenti esistenziali e relazionali, gli squilibri demografici, sono tutti sintomi della insostenibilità del modello. A ciò, si aggiungono ora gli effetti umani della crisi. Far finta di niente, e insistere sulla stessa direttrice di sviluppo, non potrà che aggravare i problemi.

Come sempre nella storia, il parto di un nuovo modello non potrà che essere lungo e difficile. Tuttavia, soprattutto in Europa, non c’è altra scelta: se non si vuole sprofondare occorre fare emergere una prospettiva capace di andare al di là della visione consolidata negli ultimi decenni, visione che, nel Vecchio Continente, ha mescolato la spinta individualistica e edonista con il permanente ruolo protettivo dello stato, in un circolo vizioso di cui la misura è un debito pubblico divenuto ormai insostenibile.
Per molti aspetti, si tratta di una crisi di crescita: come negli anni ‘70 parlare di “statalismo” fu la chiave per cogliere i limiti di una configurazione che pure era stata gloriosa, così oggi parlare di “mercatismo” significa assumere l’intossicazione di un mondo che combinava competizione e desiderio, dimenticando altri elementi ugualmente fondamentali della nostra condizione antropologica. Per risolvere i problemi che abbiamo di fronte non è più sufficiente sollecitare gli animal spirits imprenditoriali, stimolare il desiderio dei consumatori, sostenere l’innovazione tecnologica.

  La crisi finanziaria, economica, occupazionale, apre una nuova fase, destinata a misurare la capacità delle varie aree del mondo di reggere all’urto delle nuove condizioni. Il problema non è più solo crescere, ma come crescere sia perché, nei paesi ad economia e società mature, lo sviluppo quantitativo non regge più senza un investimento serio nelle dimensioni più qualitative; sia perché, in un mondo interconnesso, lo sviluppo di una regione o di una nazione non può che essere pensato in relazione a ciò che accade al di fuori dei suoi confini. Nei prossimi anni, nel mondo, in Europa, in Italia il problema sarà quello di ripensare la crescita economica senza più disgiungerla - come è stato fatto negli ultimi trent’anni - dallo sviluppo umano e sociale delle persone, dei luoghi, delle comunità.

La seconda conseguenza è che il compito della politica è quello di lavorare per favorire il pieno dispiegarsi delle soggettività sociali. Tale obiettivo viene raggiunto lavorando tanto sui fattori “duri” – gli investimenti infrastrutturali, la dotazione tecnologica, l’inquadramento giuridico-istituzionale – quanto sui fattori immateriali – la formazione, la cultura, la qualità della vita. In questo modo, si supera sia la logica statalista - che vede nella mano pubblica il grande Leviatano a cui spetta l’onere dell’azione - sia l’impostazione mercatista - che considera il mercato il solo ambito in cui l’energia creativa può esprimersi. 
La terza conseguenza è che libertà, giustizia e sviluppo sono tre dimensioni che non è bene separare. La crescita economica fiorisce in un contesto sociale ricco e variegato, opera di uomini liberi che sono stati messi nelle condizioni migliori per esprimere il loro talento. Oltre a certi livelli, l’ingiustizia sociale non solo è contraddittoria rispetto all’idea di libertà, ma è anche un ostacolo allo sviluppo.

Per queste ragioni, la politica generativa sa che le risorse spese per le persone, i territori, le relazioni non sono un costo - risorse sottratte a usi più produttivi – ma un investimento decisivo per fertilizzare il terreno sul quale la crescita si produce. Per essere duraturo, lo sviluppo economico deve essere anche sviluppo umano e sociale. Ecco perché la generatività è una forza mite, vediamo come.



I CRITERI DELLA GENERATIVITA’
1. Valore e intraprendenza: la generatività è dismisura, dono, disponibilità a sopportare il rischio e la fatica di una scommessa mai garantita. In quanto disponibilità a spendersi creativamente per qualche cosa di bello, di buono e di vero, la generatività dà forma e concretezza al valore mentre lo afferma.

2. Innovazione e mobilitazione: Quale sguardo inedito sul mondo, essa trascende il dato di fatto, aprendo così strade innovative che sono capaci di mobilitare e valorizzare risorse umane e strumentali diffuse, non ancora impiegate o disperse.

3. Fedeltà e fiducia: radicata in un terreno che la precede e aperta ad un futuro che la supera, la generatività non si stanca di ricostruire le condizioni della fiducia, investendo su legami e significati condivisi attorno a un filo di senso che comprende azioni, narrazioni, pensiero e esperienza.

4. Affettività e desiderio: via per dare corpo al desiderio di realizzazione, di pienezza, di realtà, la generatività muove la passione e l’affettività, ci apre agli altri e al mondo e ci libera dalla prigione di noi stessi e dalle angustie della situazione presente.

5. Adeguatezza e riformismo: generare implica compromettersi con il mondo, non per accettarlo così com’è, ma per cambiarlo dall’interno, un po’ per volta. Nel rendere ciò che viene generato adeguato al mondo, la generatività trasforma dal basso, e in continuità con una storia di cui è parte, le forme istituzionali della vita sociale.

6. Sensibilità e sostenibilità: la generatività è sensibile al mondo circostante, di cui riconosce le potenzialità ma anche le fragilità. Attenta a non sfruttare il contesto sociale e ambientale, essa se ne prende cura, esprimendo così una forma di veglia e vigilanza, una premura sull’umano.

7. Resistenza e sacrificio: la generatività non fugge il conflitto ma lo attraversa; non si arrende di fronte alle difficoltà né si scoraggia per i fallimenti, che possono anche aiutare a riaggiustare a direzione. Sollecitata dalla contingenza che le viene incontro, essa cerca di imprimere una spinta di rinascita dentro la realtà, che “rende sacra” attraverso la dedizione e l’impegno.

*TIZIANA CIAMPOLINI
Osservatorio Caritas Torino
Delegazione Piemonte e Valle D’Aosta
CEO programma Azioni di sistema Anticrisi Caritas Italiana, S-NODI


NPfocus - Nuovo Progetto

 

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