La nuova democrazia?

Pubblicato il 09-07-2014

di Alessandro Riva

di Alessandro Riva - Negli ultimi anni l’utilizzo di internet e la sua diffusione tra la popolazione si è sempre più esteso, raggiungendo fasce di utenti prima escluse e diventando quasi pervasivo nelle nuove generazioni in età scolastica. Tale sostanziale balzo si è verificato con l’estensione dell’utilizzo dei social network, che sono ormai un mezzo utilizzato per mantenere contatti sociali con persone più o meno vicine alla propria cerchia di amicizie, ma che si stanno anche trasformando nel mezzo preferito per reperire informazioni. Le informazioni sempre più spesso vengono raccolte attraverso la fiducia riposta in chi le condivide piuttosto che attraverso la fiducia riposta nel media che le diffonde o ancora nella testata (quotidiano, canale televisivo, rivista specializzata, blog giornalistico…) che per prima ha diffuso la notizia. Nello spazio di poche ore-pochi giorni infatti una notizia che si diffonde via social network raggiunge il suo apice di diffusione e ha già plasmato l’opinione di chi l’ha assorbita senza spirito critico.

Allo stesso tempo ci stiamo tutti abituando ad utilizzare il sistema Wiki, cioè, genericamente, a fruire gratuitamente delle conoscenze o delle risorse messe liberamente a disposizione da persone che a vario titolo (ma anche senza averne titolo) si rendono disponibili a pubblicare contenuti o risorse senza chiedere nulla in cambio. Uno dei casi più interessanti è Wikipedia, una enciclopedia costituita da contenuti messi a disposizione da volontari che scrivono e discutono le varie voci descritte e spesso collegate le une alle altre in modo spesso molto arricchente. A volte però, alcune voci dell’enciclopedia del sapere diffuso somigliano più ad un manifesto ideologico che a una raccolta di dati oggettivi e imparziali come ci si aspetterebbe da una vera enciclopedia. Al di là di tutto, anche in questo caso, non viene risolta la questione dell’imparzialità che ci si aspetterebbe da un lavoro a più mani.

Si evidenzia così la volontà di partecipazione, ma anche in molti casi il tentativo, quasi sfacciato, di voler promuovere le proprie idee di parte su un mezzo che non avendo etichette viene facilmente considerato (a torto) neutro. Il torto ovviamente risiede nel fatto che dietro i terminali da cui si lanciano e rilanciano sul web le notizie o i diversi contenuti sono sedute persone in carne e ossa con le proprie idee e propensioni. In questo contesto di desiderio di partecipazione, di scarsa capacità di critica verso un mezzo dalle enormi potenzialità e di generale poca propensione a far nascere una sintesi dalla contrapposizione di idee diverse, nascono soprattutto in Europa movimenti che intendono diffondere una nuova idea di democrazia, o forse un nuovo luogo da cui l’esercizio della sovranità popolare dovrebbe partire, cioè la democrazia di internet. È il caso del Partito Pirata, che con emanazioni in diversi Paesi (anche in Italia) sta proponendo un sistema piuttosto articolato in grado di promuovere nei parlamenti dei diversi Paesi le istanze raccolte proprio attraverso il web dal partito stesso. In alcuni altri casi si tenta di vincolare i rappresentanti eletti in modo tradizionale all’interno di movimenti con identico sistema di generazione di proposte dal basso al rispetto delle istanze promosse via web. Un enorme invito alla partecipazione che parte dalla promessa di un ascolto garantito dai regolamenti auto imposti dai movimenti in questione. “Voi partecipate alla discussione, noi porteremo in parlamento ciò che la maggioranza di voi esprime, e niente altro”.

Ascoltando le voci che i partecipanti a questi movimenti esprimono si ha però la sensazione che questo rapporto diretto tra volontà espressa dagli aderenti ed operato degli eletti venga frainteso. Ogni valutazione e decisione presa a livello parlamentare non conformemente a quanto proposto da una rappresentanza politica così vincolata è vissuta come atto prevaricatore. Dal punto di vista di un partecipante a tali movimenti dal basso, essendo essi legati ad un mandato deciso democraticamente da chiunque voglia partecipare alla discussione, risulta quasi incomprensibile come possa esistere un diverso pensiero politico. La non identificazione di questi movimenti con le canoniche aree di destra e sinistra illude che al loro interno sia realmente rappresentata la totalità della popolazione. Cinquemila persone che votano un dato candidato per l’elezione ad una alta carica dello Stato diventano automaticamente espressione della volontà popolare. Si pensa che la consultazione via web non raccolga l’idea dei partecipanti ad un ben preciso movimento politico, ma quella dell’intera popolazione.

Al contrario, la proposta di una democrazia diretta esercitata attraverso internet può realizzarsi concretamente solo nel momento in cui il metodo venga adottato universalmente. Internet in effetti pare l’unico mezzo che può in qualche modo avvicinarsi all’obiettivo di trasferire l’idea di una massa di individui direttamente ai rappresentanti eletti da tali individui, dimenticando però che, come tutti i mezzi di comunicazione, non può ambire a raggiungere il 100% di una popolazione. Siamo forse di fronte a quella che potrebbe diventare una rivoluzione per i partiti storici, un nuovo modo per mettersi in ascolto della base che tanti problemi pare aver dato a tutti i soggetti politici nelle ultime elezioni tenutesi in Italia. È però forse necessario evitare di pensare ad un rappresentante eletto come ad un burattino teleguidato attraverso quella rete di cavi che ormai interconnette il mondo.

Speciale In questo mondo di dati 5/5 - NP maggio 2013

La Babele di informazioni e di tracce che ognuno di noi lascia attraverso la rete. Il valore della responsabilità e dell'etica davanti ai mille risvolti della tecnologica: la privacy, l'uso commerciale dei dati, ma anche le opportunità.

Foto di Paolo Siccardi / SYNC

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