In cerca di futuro

Pubblicato il 16-10-2013

di Guido Morganti

di Guido Morganti - Una diretta conseguenza per l’Italia delle primavere arabe sono stati i profughi sbarcati sulle nostre coste. Secondo i dati del Ministero dell’Interno, nel 2011, 28.123 dalla Tunisia, 28.431 dalla Libia, altri 6mila dal Mediterraneo orientale.

Il 12 febbraio 2011 era stata dichiarata l’emergenza Nord Africa (ENA). Molti profughi rimasti in Italia sono entrati in questo programma coordinato dalla Protezione Civile e sono stati affidati ai vari Enti locali e/o alloggiati in strutture abitative, ad esempio alberghi, o affidati ad associazioni e cooperative del terzo settore che avevano il compito di assicurare una accoglienza integrata, dal vitto e alloggio all’accompagnamento in un percorso individuale di inserimento socio-economico.

La crisi che viviamo certamente non ha favorito l’inserimento lavorativo e sicuramente non ha facilitato l’integrazione. Il Ministero dell’Interno dichiara che “su tutto il territorio nazionale è stata attivata un’accoglienza diffusa, con punte massime di oltre 26.000 profughi, nonché l’esame di oltre 39.000 richieste di asilo da parte delle Commissioni Territoriali e delle loro Sezioni per il riconoscimento della protezione internazionale”.

Il programma ENA ufficialmente doveva chiudersi il 31 dicembre 2012, ma è stato prorogato al 28 febbraio 2013. Il Viminale, nel documento del 28 dicembre, assicura che “la conclusione degli interventi straordinari non si concretizzerà nell’abbandono di quelle persone ancora bisognose di protezione (…) Gli interventi, fino ad oggi posti in essere, hanno consentito di diminuire il numero delle persone accolte a meno di 18.000 e nei prossimi due mesi il Ministero dell’Interno, attraverso i prefetti, che subentreranno dal 1° gennaio nella gestione ordinaria, garantirà agli stranieri ancora presenti una accoglienza finalizzata ad una progressiva loro uscita dal sistema anche attraverso programmi di rimpatrio volontario e assistito”.

Concretamente, i prefetti hanno a disposizione 35 euro al giorno a persona fino al 28 febbraio, mentre per l’ENA erano 46, per un ammontare di oltre 300milioni di euro secondo i dati della Protezione Civile.

Che sorte avranno, cosa faranno, da inizio marzo, tutti quei migranti che sono ancora a spasso, senza lavoro? Il 28 febbraio lasceranno tranquillamente i centri che li ospitano? Avranno sì un permesso umanitario che non li renderà clandestini, ma sta di fatto che migliaia di persone si aggiungeranno ai 50mila senzatetto che, secondo l’Istat, sono presenti sul territorio. 

L’Unhcr, l’Agenzia Onu per i rifugiati, in un suo comunicato scrive che “in mancanza di alternative concrete si corre anche il rischio di innescare possibili tensioni sociali sui territori interessati”. Il prossimo Governo avrà, subito dopo l’insediamento, una bella gatta da pelare! Da parte loro i profughi chiedono all’Italia di essere aiutati ad uscire dall’assistenzialismo e all’Europa di accoglierli in un altro Paese.

L’Arsenale della Pace ha partecipato al programma di accoglienza integrata e nelle sue strutture sono passati in totale un centinaio di profughi.

Significativa l’esperienza della scuola di italiano, a cui ha partecipato inizialmente la maggior parte degli ospiti suddivisi in classi di pochi allievi e seguiti da una trentina di insegnanti volontari che hanno assicurato giornalmente tre ore di scuola. I risultati sono stati positivi, dopo il corso una ventina sono stati inseriti nei corsi organizzati dal CTP (Centro Territoriale Permanente) per conseguire la licenza media, altri hanno partecipato a corsi professionali. Col passare dei mesi si è voluto mettere a disposizione l’esperienza di solidarietà attuata dalla scuola e l’offerta formativa che era maturata, aprendo le porte a immigrati presenti sul territorio desiderosi di imparare e migliorare l’italiano.

La disponibilità e la professionalità dei docenti volontari ha permesso di attuare quattro livelli di apprendimento, a cui gli studenti accedono una volta raggiunti gli obiettivi previsti. Questo consente alla scuola di avere una struttura capace di ricevere continuamente nuovi alunni. Si inizia dall’alfabetizzazione per passare a imparare lettura e scrittura, a comporre frasi semplici e districarsi con la grammatica, fino ad una conversazione fluida.

Il metodo adottato privilegia la produzione orale per sostenere l’espressione e immagazzinare i suoni della lingua e, per quanto riguarda la grammatica, dedurla dalle strutture grammaticali usate, iniziando dalle frasi del quotidiano per arrivare a riconoscere forme più complesse.

Da una emergenza quindi è nata una opportunità di aiutare le persone ad inserirsi nella società. Un esempio che dal negativo può sempre nascere qualcosa di positivo. Una speranza che, in questi periodi certamente di crisi e di buio che passa la nostra società, possa accendersi qualche luce.

Speciale - La rivoluzione incompiuta - 4/5

Dopo due anni, cosa rimane e soprattutto dove sta andando la Primavera araba? Tra tensioni e speranze, un viaggio al centro di una trasformazione comunque epocale.

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