Non bruciamo le tappe!

Pubblicato il 11-09-2013

di Gabriella Delpero

di Gabriella Delpero - Ilaria e Letizia sono gemelle. Nate un mese prima del previsto, sono rimaste circa 4 settimane in ospedale, fino a quando hanno raggiunto il peso ottimale. Nel primo anno di vita sono cresciute lentamente ma con regolarità ed hanno superato con successo le tappe dello sviluppo in tempi solo un po’ più lunghi del consueto. Iscritte alla scuola materna a 3 anni, si sono inserite nel mondo dei coetanei con qualche difficoltà, ma ora che di anni ne hanno 5 e mezzo frequentano con piacere e partecipano ad ogni attività. Presentano ancora un linguaggio un po’ infantile, ma fanno un sacco di domande, mostrando curiosità ed interesse per tutto ciò che le circonda.

Mamma e papà sono sempre stati molto ansiosi e preoccupati per la loro salute ed il loro sviluppo: vivono in perenne agitazione al solo pensiero che un qualsiasi imprevisto o una banale malattia provochi una battuta d’arresto nella loro evoluzione e passano il tempo ad osservare ogni minimo accenno di debolezza o residua diversità dagli altri bambini.

Quando li si fanno riflettere sull’evidenza dei progressi fatti da Ilaria e Letizia sembrano risollevarsi un po’, ma l’ottimismo dura poco: bastano alcuni giorni ed eccoli nuovamente piombare in cupi pensieri e fosche previsioni sul futuro di queste bambine così delicate e difficili da allevare. In questo periodo di iscrizioni a scuola poi, il loro umore è proprio sotto i tacchi: nel prossimo mese di settembre, infatti, le gemelle entreranno in prima elementare e l’idea di doverle aiutare ad affrontare un ambiente completamente nuovo li getta nel panico.

Non lo dicono, ma sono terrorizzati all’idea che le loro bambine non si mostrino all’altezza della situazione, non sappiano reggere la competizione con i compagni e siano subito individuate dalle insegnanti come alunne fragili, limitate, con mediocri prestazioni. Vivono così la quotidianità con timore e sfiducia, nella continua speranza che passi in fretta (perché in fondo pensano che questa faticosa infanzia di Ilaria e Letizia sia un periodo da scavalcare il più velocemente possibile, per poter finalmente uscire da un incubo). Nello stesso tempo, però, temono il futuro: potrebbe infatti confermare che i loro sogni sono ben superiori alle reali possibilità di riuscita delle figlie, con conseguenze pesanti per tutta la famiglia.

Oltretutto nella nostra società i bambini tendono ad essere adultizzati sempre più precocemente: a 3 anni devono saper fare quello che un tempo si faceva a 5; a 6 anni speriamo imparino ciò che in passato si imparava a 10 e a 16 anni ci auguriamo che siano grandi da tutti i punti di vista. Figuriamoci come può sentirsi un genitore che fin dal primo giorno di vita del figlio si è trovato a camminare in salita!

Altro che bruciare le tappe! Il problema è invece quello di aspettare con pazienza che le tappe siano alla fine superate, magari con lentezza, fatica e qualche dubbio. Ma aspettare è un verbo che oggi non è proprio di moda. La velocità, la fretta, l’ansia di arrivare ci divorano, non permettendoci più di assaporare nulla, tantomeno il momento presente. Il qui e ora scivola via senza che ce ne accorgiamo: lavoriamo, viaggiamo, ci amiamo talmente di corsa che tutto diventa passato prima di essere stato davvero vissuto.

Anche i figli, naturalmente: ce li godiamo per come sono realmente oggi o perdiamo l’attimo fuggente sognando come vorremmo che fossero, rimpiangendo come avrebbero potuto essere se… fantasticando come saranno domani?

E nel frattempo i bambini, i ragazzi, gli adolescenti reali come stanno? Ci sentono sulla loro stessa lunghezza d’onda o si accorgono che siamo spesso da qualche altra parte? Lo scrittore Kafka consigliava: “Lasciate dormire il futuro. Se lo svegliate prima del tempo, otterrete un presente assonnato”.

Psiche - rubrica di NP

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