Un pezzo di casa

Pubblicato il 24-04-2013

di Marco Grossetti

di Marco Grossetti - È quello che trovano all’Arsenale della Pace tante donne scappate dall’inferno salito sulla terra ed entrato nella loro vita. Un posto dove anche una signorina sempre in lacrime può diventare una donna in gamba. Come è successo a Florence e a Gladys.

UN MESSAGGIO

I suoi amici l’hanno messa sul primo aereo che partiva per salvarle la vita. Florence non lo sapeva neanche che sarebbe atterrata in Italia. Laureata in giurisprudenza, era la moglie di un docente dell’università di Kinshasa, membro di un partito democratico d’opposizione. Per colpa della loro voglia di vivere in un Paese libero, erano finiti tutti e due in carcere. Quando è uscita di prigione, ha portato le sue due bambine dalla zia, pensando di metterle al sicuro, e ha iniziato a cercare l’amore della sua vita. Fino a quando un giorno è dovuta scappare per non perdere anche se stessa. Allora Florence ha lasciato un messaggio su un sito per le persone disperse: nessuna foto e nessun nome, solo un numero di cellulare e due righe per essere riconosciuta dalla sua dolce metà finita chissà dove, e non dalle persone che le avevano voluto e fatto tanto male. Sotto c’era il nome che si dicevano nei momenti di dolcezza e di intimità, quello che potevano sapere soltanto lui e lei. Florence deve aver pensato che se l’inferno può salire sulla terra, allora possono succedere anche i miracoli.

UNA VITA MIGLIORE

A Gladys piace tanto scrivere per raccontare quello che ha dentro. Gladys dice che quando è arrivata all’Arsenale della Pace era una signorina sempre in lacrime, pensierosa, senza esperienza. Che adesso ha preso coraggio, che è diventata una donna in gamba che crede in una vita migliore. Che ha anche preso due chili. Che all’inizio non capiva nulla, che le sembrava tutto buio, ma davanti all’amore di persone che hanno passato il giorno e la notte ad ascoltarla e ad incoraggiarla, oggi piange di meno e sorride molto. Che ha buttato dietro le spalle la tristezza e la disperazione, che è convinta che il meglio della sua vita deve ancora arrivare. Lo dice in una lettera che ha scritto a Simona e a tutte le volontarie che stanno facendo un po’ di strada con lei, condividendo un pezzo della propria vita, del proprio tempo, della propria energia con chi arriva dall’inferno. Gladys viene dal Camerun ed è una giornalista. Un giorno ha intervistato il Presidente del suo Paese e ha fatto una domanda che non avrebbe mai dovuto fare.

UNA TELEFONATA

Florence una sera si è messa a piangere tantissimo di gioia come quasi sicuramente a nessuno di noi potrà mai succedere. Stava lavorando come badante, perché qui non gliene frega niente a nessuno che lei è un’avvocato. Erano passati due anni da quando aveva lasciato quel messaggio su internet. Quando ha risposto al telefono ha sentito la voce di suo marito che ha semplicemente sussurrato il nome con cui la chiamava soltanto lui, per capire se era davvero lei. Chiamava dallo Zambia, e neanche lui sapeva niente delle loro due bambine: in Congo era scoppiata una guerra proprio nella zona dove le avevano mandate pensando che fossero al sicuro. A Florence erano cadute altre lacrime, e anche queste hanno un sapore che noi non potremo mai conoscere. Ha iniziato a mandare un sacco di soldi ogni mese in Zambia perché suo marito era clandestino e per non essere rimandato in Congo doveva pagare. Hanno fatto richiesta per il ricongiungimento famigliare, ma è bastato un modulo sbagliato, per fare saltare tutto. I funzionari dell’ambasciata in Zambia volevano ancora più soldi per fare passare quella pratica. Troppi soldi, che ci sono solo dentro il deposito di Zio Paperone. Allora lei è andata direttamente in Africa per riprendersi il primo pezzo della sua vita.

LA VERITÀ

Fare la giornalista è sempre stato il sogno di Gladys. Informare la gente, dire la verità a tutti, è diventata la sua missione. Lavorava per una radio privata e scriveva articoli sul web e sui giornali, parlando della situazione politica, dell’attualità, dei problemi della gente comune, della libertà d’informazione, cercando di monitorare in modo imparziale l’operato del governo. Che invece non era tanto contento di essere tenuto sotto controllo. Tre suoi colleghi sono finiti in prigione, e uno di loro è uscito dalla cella soltanto per essere messo dentro una bara. Solo che lei non riusciva proprio a fermare le sue mani e la sua voce, che continuavano a scrivere e a raccontare semplicemente quello che succedeva, e che non si sono bloccate neanche davanti al Presidente. Da quell’intervista la vita di Gladys è diventata un incubo. Per lei e per i suoi due bambini. Stava girando un documentario sull’ambiente e sulla pesca, ha dovuto occuparsi immediatamente di qualcos’altro: mettere in salvo se stessa e la sua famiglia. L’inferno stava arrivando anche dentro la sua casa.

SONO VIVE

Florence ha ritrovato il suo amore, facendo fatica a riconoscerlo: una persona devastata dalle violenze e dalle torture subite. Hanno attraversato tanti Paesi come se fossero le caselle di un gioco: Zambia, Angola, Congo Brazzaville. Alla fine di questo viaggio, per poter avere un documento per scappare in Europa, lui ha fatto finta di morire, prendendo il posto di un cadavere non riconosciuto in un obitorio. Ha cambiato identità, si è fatto fare un documento falso, e finalmente sono potuti partire. Adesso vivono in Italia. Il sogno di Florence è quello di ritrovare le sue bambine e di tornare a essere una mamma. Non sa niente di loro, ma sente che sono vive. Le sta cercando come ha fatto con suo marito, e spera di sentire ancora il telefono suonare per un altro miracolo. Sogna di tornare in Africa per lavorare con un’associazione che le permetta di aiutare le donne che hanno subito violenze, prendendosi cura degli altri, come qualcuno ha fatto con lei.

CURARE L’ARIA

Gladys invece non ha ancora potuto prendere nessun aereo per riprendersi la vita che qualcuno gli ha strappato dalle mani. Spera tanto di poterlo fare presto. Non vuole stare a guardare con le braccia incrociate, desidera per il suo Paese un governo in grado di portare sviluppo, libertà, pace. Prima però deve difendere la vita delle persone che ama. I suoi figli non vanno neanche a scuola, sono nascosti in un posto che conosce soltanto lei, e le poche persone di cui sente di potersi fidare. Simona e tutte le volontarie che le stanno vicino cercano di costruire attorno a lei un pezzo di casa, curano l’aria per creare un ambiente sereno, pieno di relazione e di attenzione, per impedire alla violenza che lei ha subito di diventare depressione e violenza verso se stessa, impossibilità di avere ancora fiducia negli altri. Per non farla sentire come l’ultima arrivata, ma come una persona assolutamente importante e speciale, per aiutarla ad essere davvero una donna in gamba, piena di forza, di vita, di coraggio.

CE LA PUOI FARE

Alla porta dell’Arsenale della Pace intanto è arrivata una famiglia della Bulgaria che non ha nessun altro posto dove andare a dormire e qualcuno chiama Simona, che si prepara ad ascoltare una nuova storia di disperazione, sperando che anche queste persone possano trovare dentro la stessa forza incredibile di Florence e di Gladys. Per riuscire a modificare la direzione del proprio destino, a cambiare il sapore delle proprie lacrime. Per Simona e per chi ha scelto di farsi anche i sogni degli altri, cercando di farli diventare possibili, sono altre persone da soccorrere, da aiutare a riprendere contatto con il meglio che hanno dentro, sommerso da cumuli e cumuli di macerie. Altre ferite da fasciare e ripulire, perché la persona possa germogliare di nuovo. Accogliendo i bisogni più profondi, facendo esprimere la sofferenza, lo smarrimento, la disperazione, il pianto. Sforzandosi di essere qualcuno che ascolta e che alla fine sussurra sottovoce: ce la puoi fare nonostante tutto questo.

Idea grafica di Giampiero Ferrari

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