La certezza della pena

Pubblicato il 07-06-2017

di Michelangelo Dotta

di Michelangelo Dotta - Tra le mura del Convitto di Celana ogni mattina riserva una sorpresa così come ogni notte, nell’irrefrenabile impulso di sfuggire alle regole, diventa la ghiotta occasione per balli e baldorie comunitarie presto sedate dai sorveglianti. È il gioco delle parti antico come il mondo che però in questa particolare realtà ancorata ai canoni degli anni ‘60, innesca meccanismi che i ragazzi probabilmente poco frequentano nell’economia quotidiana della loro vita famigliare.

Uno tra tutti, il più ostico e inconcepibile, li getta nella costernazione: quello della punizione. E non è di sicuro l’entità di quest’ultima a spaventare i destinatari, quanto la certezza dell’applicazione del provvedimento punitivo contro il trasgressore, quella certezza della pena, nel nostro Paese in generale così poco sentita e applicata, che nel Collegio è metodo educativo al pari degli altri.

Il gruppo cerca di far fronte compatto contro i provvedimenti disciplinari inflitti di volta in volta ai furbetti che non rispettano le regole ma, in questo mix di scuola e caserma che scoprono essere la struttura del collegio in cui hanno accettato di vivere, non è possibile rivendicare diritti senza prima accettare doveri.

Il rispetto dell’autorità è il primo di questi e forse anche quello più difficilmente digerito dall’intera classe; che si tratti di seguire con profitto le lezioni, di mandare a memoria una poesia, di consumare a tavola l’intero contenuto del piatto servito, di indossare la divisa in maniera impeccabile o semplicemente di impegnarsi in un laboratorio pomeridiano, la prima reazione del gruppo è quella dell’insofferenza e del rifiuto. Vale a dire: noi non accettiamo ordini da nessuno... men che meno da una struttura scolastica.

In parallelo alle diverse fasi della vita all’interno del Collegio raccontate dai singoli ragazzi, dubbi, nostalgia, paure, insicurezze, delusioni, pressione eccessiva, intolleranza, rigidità e via dicendo, sbucano puntuali sullo schermo in una sorta di flash back quadretti famigliari con i ragazzi che, prima della partenza, presentano mamma, papà, fratelli e sorelle e, con poche frasi, sguardi e sbuffate a sottolineare con il linguaggio e la gestualità degli adolescenti l’insofferenza tipica nei confronti della famiglia, mettono a nudo, forse senza neanche volerlo, la vuotezza preoccupante dei loro rapporti.

Esternazioni di giovanilismo forzato dei genitori spesso vestiti e atteggiati come i propri adolescenti rampolli, attenzione più all’aspetto che alla sostanza del loro rapporto, tendenza ad annullare le diversità e la necessaria distanza tra genitori e figli in nome di una amicizia complice pronta a perdonare tutto, spiegano in modo efficace ed inequivocabile le ragioni che sono alla base della difficoltà dei ragazzi ad affrontare e superare le regole del Collegio.

Mangiare un piatto a base di rane o creste di gallo, così come semplicemente rifarsi il letto o lavare i pavimenti delle camerate, pur nella loro banalità, quando diventano regole o ordini, si traducono in un vero e proprio affronto, un torto che i ragazzi mal digeriscono, ma soprattutto una vera e propria sorpresa.

In famiglia mai nei loro confronti si è osato tanto!

(Segue)

Michelangelo Dotta
MONITOR
Rubrica di NUOVO PROGETTO

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