L'accoglienza non può essere improvvisata

Pubblicato il 08-11-2016

di Ernesto Olivero

Articolo de "La Stampa" di mercoledì 2 novembre
L'accoglienza non può essere improvvisata -  di Ernesto Olivero


L'accoglienza non può essere improvvisata

Erano gli Anni 80.
All'Arsenale della Pace di Torino cominciavamo ad accogliere i primi immigrati. Avevamo ideali, buona volontà, tante persone pronte a coinvolgersi. Ma presto ci siamo resi conto che tutto questo non bastava. Lo capii una sera raccogliendo lo sfogo di alcuni volontari che con le lacrime agli occhi mi dissero: “Non possiamo andare avanti così! Ci sono solo pretese, ogni gesto viene travisato. Se non riusciamo a far convivere culture e popoli diversi, non diamo futuro a nessuno”. Non dissi nulla, mi presi del tempo per capire. Decisi di andare nei paesi di origine degli uomini e donne che avevamo iniziato ad accogliere e l'incontro con alcuni testimoni e amici credibili mi aprì gli occhi.

Mi resi conto che ingenuamente avevamo fatto un grande errore: pretendere di accogliere popoli lontani, come se le differenze non esistessero. Pensavamo bastas­se la bontà e la gratuità, non sapendo che alcune culture le considerano debolezza. Eravamo convinti che il razzismo riguardasse solo noi italiani, ignorando che a volte riguarda le stesse comunità straniere. Credevamo nel dialogo incondizionato e continuiamo a crederci, ma abbiamo anche imparato che per dialogare bisogna essere in due e mettersi intorno a un tavolo per cambiare qualche idea. Ci è venuto incontro così un metodo che nel corso degli anni, a Torino, in Giordania e in Brasile ci ha permesso di accogliere nella dignità e nel rispetto reciproco oltre centomila persone.

Credo che accogliere chi è in difficoltà sia una responsabilità e un dovere, soprattutto per noi italiani che in passato abbiamo trovato riparo in decine di Paesi del mondo. E ancora oggi, all'estero siamo milioni. Al tempo stesso, sono convinto che non si possa accogliere senza regole, senza una reciprocità di diritti e doveri e la condivisione di valori comuni. Questo vale per tutti, italiani o immigrati, nessuno escluso. Ai nostri amici stranieri che vogliono vivere qui chiediamo come primo impegno quello di imparare l'italiano, perché la lingua fa entrare nel cuore di un popolo e di una appartenenza. Così come chiediamo di fare loro i valori della nostra Costituzione, perché non può esserci convivenza senza rispetto reciproco, senza il riconoscimento dell'uguaglianza tra uomo e donna, della libertà di professare la propria fede e di cambiare religione se la propria coscienza lo impone, senza l’idea di fondo che se sbagli, infrangi una regola o passi con il rosso, sei chiamato a risponderne di persona.

Sia chiaro: l'accoglienza non può essere improvvisata. Ha senso solo se amata, pensata, costruita insieme, governata. Per questo, fatta salva la buona fede, non è giusto liquidare con supponenza lo smarrimento di tanti di fronte ad accoglienze posticce o realtà che, per interessi più o meno velati, affrontano problemi così complessi senza alcuna preparazione.

Negli Arsenali con il tempo abbiamo imparato cosa significa accogliere: abbiamo creato scuole di italiano, ambulatori per curare chi non se lo può permettere, percorsi di lavoro, un asilo multietnico per rendere normale sin da piccoli l'integrazione. E i risultati si vedono: oggi i nostri ragazzi i sentono italiani a tutti gli effetti, hanno colori e religioni diverse ma hanno imparato a volersi bene, a non discriminare nessuno. Semplicemente perché, guidati e accompagnati, stanno imparando a crescere insieme.

Credo che oggi l'unica strada sia quella di un nuovo patto che leghi l'accoglienza alle regole, al bene comune, ma anche alle risposte alle disuguaglianze di casa nostra. E questa è una responsabilità di tutti. Chi non la accetta si mette fuori automaticamente. Solo se la vivremo, capiremo che un problema quando è affrontato, compreso e governato, prima o poi diventa opportunità.

Ernesto Olivero

 

 

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