Un cantiere che cambia il cuore

Pubblicato il 13-10-2016

di Ernesto Olivero

La Porta Aperta - il mensile del Giubileo - ottobre 2016 - Supplemento di Avvenire


UN CANTIERE CHE CAMBIA IL CUORE

Un certo mondo continua a pensare che se non appari non conti. Un certo mondo è convinto che solo la forza dei numeri sia vera forza. Un certo mondo crede che esista solo quello che si vede. Ma si illude. La bellezza, il bene, la misericordia sono concrete, ma hanno scelto l'umiltà. Puoi trovarle, scoprirle, contemplarle, ma loro non metteranno mai i cartelli. Penso a uno degli incontri più importanti della mia vita. Erano gli anni '80, da pochi mesi eravamo entrati nel rudere dell'ex arsenale militare di Torino. Eravamo un gruppo di ragazzi, senza una lira, ma con il sogno di cambiare le cose. I nostri ideali erano la meta, ma capimmo subito che non vivevano di poesia. Davanti avevamo mura da scrostare, ambienti da ristrutturare, un sacco di lavoro. Avremmo dovuto sporcarci le mani, ma eravamo consapevoli che ci stavamo muovendo nel campo della sproporzione. Non eravamo ingegneri, muratori, progettisti e così, ogni martedì sera, dopo la preghiera settimanale del Sermig, chiedevo aiuto, cercavo la disponibilità di nuovi volontari. Le risposte arrivavano sempre: l'idea che un gruppo di ragazzi volesse trasformare un arsenale di guerra in casa di pace commosse e diventò contagiosa.

Una sera, mi avvicinò un signore distinto, già anziano. "Voglio aiutarvi. Posso unirmi a voi?". Sul momento, rimasi un po' sorpreso perché in quel periodo servivano braccia per servizi molto faticosi. Cosa avrei potuto far fare ad un amico in là con gli anni? "Certamente, - risposi di istinto - ci vediamo sabato!". Nei giorni successivi, cercai una soluzione e alla fine la trovai. Avevo preparato travetti di legno dai quali si dovevano togliere vecchi chiodi. Quel signore si presentò puntuale per settimane e nella discrezione assoluta eseguì il suo compito. Un giorno, parlando del più e del meno, gli dissi: “Accidenti, siamo un po’ nei pasticci: dobbiamo rinforzare la soletta su cui poggerà la nuova chiesa”. Quel signore sorrise, annuì e con estrema umiltà si fece avanti: “Sai Ernesto, questo sarebbe il mio lavoro. Io sono ingegnere”. “Ah, bene, sono contento. Se vuole ci può dare una mano”. “Vorrei vedere i disegni”. Il signore distinto appena vide che i calcoli erano firmati da un altro ingegnere disse subito: “Io non posso mettere mano a un lavoro senza autorizzazione".

Lo tranquillizzai, presi subito il telefono e chiamai il collega: “Sai, abbiamo un altro ingegnere che vorrebbe aiutarci nei calcoli della nuova chiesa”. “Bene – rispose – così ci dividiamo il lavoro. Come si chiama?”. Con la cornetta ancora in mano, mi voltai verso il signore distinto e chiesi: “Mi scusi, mi ricorda il suo nome?”. E il signore: “Pizzetti”. “Si chiama Pizzetti!”. Dall’altra parte: “Pizzetti? Ma è Pizzetti Giulio?”. “Non lo so. Ora glielo domando. Pizzetti e poi?”. Il signore distinto: “Giulio!”. “Ma Ernesto! Pizzetti Giulio è un professore di ingegneria famosissimo in tutto il mondo. Questa cosa è eccezionale!”.

Era proprio così. Senza saperlo avevo incrociato la vita e il desiderio di restituire di un numero uno. Giulio Pizzetti era davvero un ingegnere di fama, docente di Scienza e Tecnica delle costruzioni al Politecnico di Torino e nelle università di mezzo mondo. Non mi aveva mai detto “Lei non sa chi sono io”, si era presentato fraternamente, senza titoli ufficiali e proprio per questo divenne uno degli amici più cari della nostra casa. Fece il muratore in mezzo a noi, diventò il nostro confidente e anche noi diventammo i suoi confidenti.

In Giulio capii che quello che avviene nel cuore di una persona produce automaticamente bene per sé e per gli altri, ma senza clamore. La misericordia è così: tocca persone, anime, costruisce e cambia la realtà, ma non si impone mai. La misericordia sfugge alla logica delle masse, è sempre personale. L'ho vista all'opera tantissime volte negli arsenali, in situazioni concretissime che solo poche volte si mostrano. La misericordia è un assassino che si converte e decide di vivere per gli altri nel nascondimento. La misericordia è un giovane che ha ammesso i propri errori e li ha trasformati in occasione di bene. La misericordia è un problema che può diventare opportunità. Un certo mondo segue i sondaggi, la logica dei numeri. Lo faccia pure, ma ricordi che Dio è un vento lieve, delicato. E il silenzio che parla è il suo linguaggio.

Ernesto Olivero

 

 

 

 

 

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