Molte membra, un solo corpo

Pubblicato il 06-12-2023

di Rosanna Tabasso

In questi ultimi anni, Ernesto ci ha spesso indicato la Chiesa come terra di missione, proprio come fosse un povero che bussa alla porta dei nostri Arsenali e chiede di trovare un posto in mezzo a noi. «Adesso dobbiamo aiutare la Chiesa – ci ha detto – la Chiesa ha bisogno di aiuto». Le prime volte ricordo che mi sono chiesta il senso di questo suo pensiero, ma siccome dietro alle parole lapidarie di Ernesto c’è sempre stato un pensiero che anticipava i tempi, mi sono soffermata a lungo a pensare. Mi è venuta incontro la Parola: «Ora voi siete corpo di Cristo e, ognuno seconda la propria parte, sue membra» (1Cor 12,27). Ho così iniziato a pensare alla Chiesa dilaniata dalla fragilità umana, dagli scandali, dal legalismo, dall’affievolirsi della fede, come il corpo stesso di Gesù nei giorni della Passione: un corpo ferito dalle spine, dai colpi di frusta, dal peso della croce, dai chiodi e poi dal rifiuto, dagli insulti e da tanto altro male. Ho provato compassione per Gesù-Chiesa e ho compreso il richiamo di Ernesto. Ho capito meglio cosa deve aver provato Francesco tra i ruderi della chiesa di San Damiano quando ha sentito la voce di Gesù: «Francesco va’, ripara la mia chiesa» e si è messo a restaurare le mura della chiesetta distrutta della Porziuncola, per poi capire che Gesù non intendeva le mura, ma le membra vive del suo corpo, la Chiesa.

Con sempre più convinzione ci siamo messi a servizio della Chiesa, come nel tempo ci siamo messi a servizio prima delle missioni, poi dei giovani e dei poveri di casa nostra, non sostituendo una necessità con un’altra, ma allargando sempre lo spazio della nostra tenda (cfr. Is 54,2), accogliendo e facendo spazio alle nuove esigenze. Con questo spirito abbiamo accolto la chiamata al sacerdozio di alcuni di noi già consacrati nella Fraternità della Speranza e, subito dopo, il servizio nelle parrocchie e nella basilica di Superga perché la chiesa locale ne aveva bisogno. In questi giorni il nostro vescovo ci ha chiesto un nuovo sì nella fede: mentre conduciamo da cinque anni la parrocchia dell’Arsenale della Pace, san Gioacchino, ci ha chiesto di assumere anche la parrocchia vicina, Maria Regina della Pace, con il mandato di camminare insieme con queste due comunità e gradualmente unirle in un cammino spirituale comune, molte membra ma un solo corpo: «Tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo, […] e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito» (1Cor 12,13). È una sfida per i parrocchiani di queste due realtà e anche per noi. Il nostro è un ingresso in punta di piedi, perché entriamo in una realtà che ha già una sua vita e portiamo con noi una realtà che negli anni precedenti ha ritrovato la sua vita. Noi siamo fin troppo consapevoli della sproporzione e delle oggettive difficoltà. E non siamo maestri. Siamo anche noi allievi, allievi dello Spirito Santo che dovrà fare con noi e di tutti noi una cosa nuova.

Tante volte, quando raccontavamo la nostra scelta di fraternità alla gente che veniva a visitarci, ci veniva fatta questa obiezione: voi siete fortunati perché avete scelto di fare la fraternità, ma nelle nostre parrocchie non ci siamo scelti, siamo diversi tra noi e tante cose non possiamo farle. Mi sono sempre chiesta se avessero ragione a dirci così, anche se alle fatiche di una comunità parrocchiale mi era facile associare le nostre, perché tra noi in Fraternità siamo comunque diversi per stato di vita, per caratteri, per età... e amalgamarci non è affatto semplice. Ma ora che siamo anche noi parrocchia la sfida è davvero comune: si può fare fraternità secondo la logica del Vangelo se non ci si sceglie, se si è diversi? Sì, si può se a spingerci è la relazione personale con Gesù, se scegliamo di essere cristiani del Vangelo, non di Apollo o di Cefa (1Cor 3,4-7), se la carità tra noi ha sempre l’ultima parola (Col 3,14), se non ci chiudiamo nel nostro star bene tra noi, ma ci apriamo ai lontani, se crediamo che lo Spirito Santo può fare unità e fare di diversi un cuore solo e un’anima sola (At 4,32). La sfida è comune: tornare ad essere semplicemente cristiani in un tempo difficile, in un mondo che sta cambiando. Un tempo e un mondo che apparentemente sono lontani da Dio e pare allontanino anche noi dalle nostre certezze di fede. Eppure, come sempre accade nella storia della salvezza, il tempo della prova diventa il momento favorevole per la rinascita. La Chiesa rinasce dal basso, da concrete esperienze di vita fraterna, da piccole comunità che nella loro fragilità investono sulla Parola e sull’Eucarestia, sul servizio e sulla carità.


Rosanna Tabasso
NP ottobre 2023

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