KENYA: Giovani uniti per la pace

Pubblicato il 31-08-2009

di Redazione Sermig


La riflessione ed il contributo dei giovani kenioti, per ripartire dopo le violenze che hanno diviso il Paese.


di Phillip Emase


Nairobi, Kenya
Sabato 3 maggio 2008 centinaia di giovani kenioti si sono radunati nei pressi del quartiere Dagoretti, a Nairobi, in occasione del Forum per i Giovani che ha proposto discussioni su varie tematiche, discorsi, musica, commedie, scenette, poesie, ed altre attività volte ad animare una campagna per la pace e la riconciliazione nel Paese.
Organizzato da“Africa Peace Point”, dalla comunità di Koinonia, dalla Kutoka Network, RSCK, KCS, missionari comboniani e della Consolata, MAFRI, sotto lo slogan “I Giovani Kenioti uniti per la Pace” l’evento ha voluto offrire ai giovani un forum dove potersi esprimere, dopo le recenti violenze post-elezioni che hanno insanguinato il Paese, violenze che hanno ucciso oltre 1.500 kenioti, e altri 35.0000 sono dovuti fuggire in seguito a violente lotte in cui soprattutto i giovani sono stati coinvolti.
nairobi1.jpg Punto focale dell’evento sono stati i confronti su diverse tematiche affrontati dai vari gruppi di giovani raccolti in diverse “tende tematiche”, dove si parlava principalmente di etnicità, di non violenza attiva, di rapporti di buon vicinato, e del ruolo dei giovani come pilastri per lo sviluppo del paese. Ad un angolo del campo allestito per il forum, decine di ragazzi donavano volontariamente il sangue in risposta all’iniziativa internazionale per la banca del sangue.
Dagli eventi che hanno caratterizzato la giornata, ed in particolare dalle discussioni, i giovani hanno dimostrato una profonda consapevolezza dei fattori alla base delle tensioni etniche. Hanno anche espresso il desiderio collettivo di raggiungere finalmente la pace e di avere la possibilità di ricoprire il giusto ruolo come guardiani del futuro della nazione.

La discussione centrata sull’etnicità ha avuto l’ascolto più elevato, poiché il Kenya ha oltre 42 diverse comunità etniche e le recenti violenze dopo le elezioni sono state alimentate proprio da ostilità etniche. Una discussione molto interessante, moderata da Leah Kimathi di “Africa Peace Point”, ha messo in evidenza diverse percezioni legate alle idee di etnicità, di tribalismo, e se il Kenya possieda o meno le caratteristiche per essere definito una “nazione”.
Alla fine, i partecipanti hanno raggiunto insieme la conclusione che le diverse etnicità del Kenya hanno fuso le loro enormi diversità per formare una nazione sotto la bandiera del Kenya. I partecipanti concordavano anche sul fatto che i politici kenioti sono responsabili di fomentare periodicamente le tensioni tribali sfruttandole come strumento per raggiungere il potere e, a prova di questa teoria, hanno citato proprio le recenti violenze post-elezioni.

Colloqui personali sono stati offerti ai giovani che si sono trovati nel mezzo della violenze, come vittime dirette ma anche come giovani attivamente coinvolti. Una sessione di terapia di gruppo ha permesso ai partecipanti di condividere le loro esperienze e di affrontare con la giusta serenità temi che la società keniota preferisce nascondere. Le discussioni erano incentrate sugli aspetti etnici, sulla discriminazione tribale e sul disprezzo con cui i loro genitori tengono in considerazione i matrimoni tra persone appartenenti a tribù diverse.

Dalle discussioni è emerso che questi giovani hanno opinioni sull’etnicità che sono molto lontane da quelle dei loro genitori. Tra questi ragazzi, una studentessa liceale di 19 anni, Janet Wabwile, ha dichiarato che, secondo lei, sta emergendo una nuova generazione di kenioti “detribalizzati”.
“Penso che con il tempo il tribalismo andrà ad affievolirsi perché la maggior parte di noi cresce a contatto con persone di molte altre tribù”, ha detto Janet. Questo vale per quei giovani come lei che sono cresciuti nei centri urbani e cosmopoliti come Nairobi. Una grande maggioranza di giovani, però, vive nelle zone rurali, gran parte delle quali sono patrie tribali con una formazione etnica praticamente omogenea.

I partecipanti alla “Tenda per la non violenza attiva” hanno concluso che il dialogo, la giustizia e la tolleranza sono indispensabili per un’efficace gestione dei conflitti; quelli nella “Tenda per i buoni rapporti di vicinato”, invece, hanno cercato di capire che cosa porti i kenioti a perseguitare i vicini di casa, gli amici con cui hanno condiviso e vissuto per anni additandoli, tutto d’un tratto, come nemici sulla base delle loro identità etniche, bruciando le loro case, e relegandoli ad una vita terribile di incertezze in campi di fortuna.

Nella “tenda della gioventù come pilastro per lo sviluppo del paese”, i partecipanti hanno cercato di trovare delle soluzioni per superare quelle condizioni che portano così diffusamente tanti giovani kenioti bisognosi e disperati al crimine, alla violenza, e anche alla prostituzione per cercare di scappare dalla soffocante tela che tesse disperazione e miseria.

Joseph Thuo, un ragazzo del quartiere povero di Kibera a Nairobi ha descritto in modo chiaro la difficile situazione dei giovani.
“Non siamo persone cattive”, ha detto “è solo che le dure condizioni in cui viviamo ci portano spesso ad avvicinarci ad attività illegali, e a volte questo errore diventa una parte essenziale, se vogliamo sopravvivere.”
Il suo miglior amico, Nicholas Otieno è d’accordo. “Le nostre difficoltà ci induriscono e la nostra disperazione fa sì che i politici ci usino per i loro sporchi lavori”, ha aggiunto Otieno.
nairobi.jpg

È interessante notare che Thuo viene dalla tribù Kikuyu mentre Otieno è Luo. Queste due tribù sono le due più influenti in Kenya e proprio la loro rivalità politica ha scatenato le recenti violenze. Thuo e Otieno sono cresciuti insieme – ci dicono – e sperano soltanto che non venga mai il giorno in cui la “fedeltà” alla tribù potrà distruggere la loro lunga amicizia.

In una attività simbolica, sul finire della giornata, ciascun partecipante ha ricevuto un pezzo di carta per scrivere azioni, errori o pensieri commessi in passato contro la pace. Poi i biglietti sono stati ripiegati e bruciati in un falò a simboleggiare il perdono totale e completo delle passate ostilità tra le diverse etnie. Tutti insieme, mano nella mano, con la testa china hanno recitato la preghiera di San Francesco per preannunciare una nuova alba di riconciliazione e pace in Kenya.

Phillip Emase
Koinonia Community Journalist

TRE SPUNTI
Sono passati alcuni mesi dai feroci scontri post-elettorali che hanno insanguinato il Kenya. Ora che la grande concitazione degli scontri sembra essere superata, è forse possibile proporre tre considerazioni su quanto è successo. La prima è che le violenze e l’odio etnico che le ha suscitate sono state decise a priori, molto prima delle elezioni. Circolano ormai da tempo documenti redatti da alcune frange dell’ODM (Orange Democratic Movement) di Odinga, datate settembre 2007, in cui vengono pianificate vere e proprie azioni militari verso l’etnia rivale, indipendentemente dall’esito del voto. L’etnia di Odinga, i Luo, riteneva infatti di aver già sopportato a sufficienza l’etnia Kikuyo del presidente uscente Kibaki. La seconda considerazione riguarda le vittime. Oltre ai morti e agli sfollati, bisogna ricordare le conseguenze degli scontri etnici soprattutto tra i bambini: alcuni tirano le pietre a tutti coloro che non conoscono e che li avvicinano, molti altri non vogliono tornare a scuola; gli stessi maestri hanno paura e chiedono di insegnare solo a bambini della loro etnia. La terza considerazione riguarda il futuro del Kenya. È possibile la speranza perché la maggior parte del popolazione ha dimostrato di non volere la guerra civile e di non accettare la violenza. Sin dall’inizio degli scontri, i giornali e molti kenioti famosi si sono schierati a favore della pace: hanno dichiarato che le varie etnie avevano da sempre convissuto in pace e che quindi tale odio andava negato perché ingiustificato.
Da un incontro con Mirella Cravanzola, volontaria Pax Christi in Kenya dal 1972.

Sul Kenya vedi anche:
KENYA: domenica a Korogocho
DAL KENYA, uno sguardo sull’Africa
KENYA: violenze post-elettorali, di Kizito Sesana

 

 

 

 

Questo sito utilizza i cookies. Continuando la navigazione acconsenti al loro impiego. Clicca qui per maggiori dettagli

Ok