In missione

Pubblicato il 14-11-2023

di Redazione Sermig

In questa rubrica per ricordare i 45 anni di NP, siccome siamo nel mese missionario, abbiamo estratto uno spunto dove si evidenzia uno degli aspetti della missione: l’annuncio. Ci rifacciamo a Progetto dicembre 1992 in cui padre Mario Nascimbeni ci stimola a diventare annuncio di amore come Gesù.

«Il servizio della Parola può assumere molte forme. Gesù è il Servo del Padre, che si pone come servo per rivelarci e mostrarci l’amore del Padre. Gesù serve l’amore del Padre agli uomini. Ecco un aspetto del servire che dobbiamo applicare anche a noi: portare, rivelare, offrire l’amore di Dio. Farci servi come Gesù, Colui che dona l’amore del Padre agli uomini.
Abbiamo ricevuto un annuncio di amore e siamo chiamati a servire a nostra volta agli altri questo annuncio di amore. Gesù ha insistito in ogni modo con i suoi su questo atteggiamento: la vita del cristiano deve essere completamente capovolta, perché il cristiano non deve andare all’arrembaggio della ricchezza, della potenza, del proprio agio, ma deve mettersi al servizio degli altri, farsi prossimo agli altri.

L’annuncio della parola, l’annuncio del Vangelo è in primo luogo permettere al Cristo di continuare a servire i fratelli, e servire ai fratelli l’amore del Padre, attraverso di noi. La missione del servo continua nel corpo mistico di Cristo, ossia nella comunità dei credenti: la Chiesa. Dobbiamo permettere a Cristo di continuare, attraverso di noi, per mezzo nostro, l’opera interrotta con la sua morte, l’annuncio del nome di Dio attraverso il servizio. E allora anche noi, come lui, con tutta libertà, per amore, dobbiamo metterci a disposizione del Padre, a disposizione degli altri, rendendoci conto che “amore”, “amare”, non sono per il cristiano dei sentimenti, provare commozione o compatimento, ma significano servire.

Appare dunque chiaro che l’annuncio evangelico di salvezza, della volontà di Dio di entrare nella storia dell’umanità e di ogni uomo e cambiarla, devo prima di tutto viverlo, farlo diventare mia storia. Perché, se il nostro annuncio non trasparisse in primo luogo dalla nostra vita, il nostro ascoltatore potrebbe concludere: “Cosa me ne faccio io di ciò che non è servito a voi, di ciò che non ha cambiato la vostra esistenza? Che dono è questo?”.

Ogni volta che celebriamo l’eucaristia, ricordiamo la forza dell’amore che in Gesù è giunta sino al sacrificio supremo, e diciamo di credere a questo amore di trasformare la vita. Ma noi lasciamo veramente entrare Dio nella nostra vita, nella nostra storia e, attraverso noi, nella storia dei fratelli? Traspare in ogni nostra azione la speranza, siamo permeati della gioia che Gesù ha voluto trasmetterci?

Se per noi la vita è grigiore, se sentiamo l’angoscia e la paura più della speranza, se anche noi siamo sfiduciati come i discepoli di Emmaus, apriamo allora il nostro cuore a Gesù e lasciamo che ci ripeta ancora il grande amore che si è rivelato nella sua morte e risurrezione, che ci inviti a non essere turbati, a non temere, ma a essere invece pieni di gioia nella sua attesa.

Allora comprenderemo di aver ricevuto qualcosa di grande che dobbiamo lasciar fermentare, come lievito, nella nostra vita. Dobbiamo lasciar fermentare nella nostra vita la risurrezione del Signore. Sarà così la nostra stessa vita che trasmetterà agli altri l’annuncio di salvezza che abbiamo ricevuto e gli altri si accorgeranno che nella nostra vita c’è qualcosa che possono ricevere come un dono prezioso e a loro volta trasmettere.
Se lo faremo, daremo alla nostra vita, ad ogni nostra azione, un significato stupendo».


A cura della Redazione
NP ottobre 2023

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