Equa verità

Pubblicato il 12-03-2024

di Pierluigi Conzo

La verità è morta? Forse no, almeno secondo una recente ricerca scientifica. Sebbene la verità non sia completamente estinta, emerge comunque un preoccupante divario nell’accesso all’informazione accurata, evidenziando come la diseguaglianza sociale si possa trasformare anche in diseguaglianza informativa.

I media svolgono un ruolo fondamentale nelle democrazie moderne, fungendo da strumento attraverso il quale i cittadini possono esercitare un controllo sul governo. Per esempio, tramite informazione politica accurata, gli elettori sarebbero in grado di rendere il governo “responsabile” o “rendicontabile” (accountable in inglese) per le promesse fatte agli elettori e per le politiche adottate. In anni recenti, l’aumentata consapevolezza dell’importanza dei media è stata accompagnata però da preoccupazioni diffuse sulla qualità dell’informazione ricevuta dagli elettori, in particolare sulla diffusione delle fake news politiche. Il potenziale effetto delle fake news non è limitato alla diffusione di informazioni false, ma è anche quello di limitare la diffusione di notizie veritiere.

Una ricerca scientifica pubblicata sull’American Economic Reviewesamina il fenomeno della “post-verità”, secondo cui la percezione emotiva di un argomento o di una situazione può prevalere sulla realtà oggettiva o sui fatti verificabili. A tal fine, nel contesto dell’informazione politica negli Stati Uniti, gli autori raccolgono evidenze empiriche circa l’impatto delle fake news sul grado di informazione degli elettori.

Il lavoro si articola in tre fasi. La prima consiste nell’identificare la “verità giornalistica”, per cui è stato sviluppato un protocollo basato sulla selezione di storie rilevanti da parte di giornalisti. In seguito, vengono eseguiti sondaggi mensili su campioni rappresentativi di elettori statunitensi, sottoponendoli a quiz volti a misurare la loro percezione circa la veridicità delle notizie politiche selezionate dai giornalisti. I dati vengono poi utilizzati per stimare un modello di “discernimento” dell’attendibilità delle notizie.

A livello aggregato, gli autori stimano che l’82% degli individui identifica correttamente una notizia vera. Di fronte a una notizia vera e una falsa, il 47% dei soggetti sceglie con sicurezza la storia vera, il 3% la storia falsa, e il restante 50% è incerto.

A livello disaggregato, le disuguaglianze socioeconomiche emergono come il fattore principale nel determinare la capacità degli elettori di identificare le principali notizie. Età, istruzione, genere, reddito ed etnia influenzano significativamente la probabilità di selezionare una storia vera. Le disuguaglianze socioeconomiche sembrano essere il motivo predominante per cui una significativa proporzione del pubblico americano risulta distante, in termini informativi, dal giornalismo mainstream.

I risultati suggeriscono che la “morte della verità” è lontana dall’essere un fenomeno universale. Contrariamente alle aspettative, la maggioranza degli americani ha una solida comprensione delle notizie reali e sembra essere in grado di distinguerle con sicurezza dalle fake news. L’ideologia politica gioca sì un ruolo, ma la disuguaglianza socioeconomica rappresenta il principale fattore esplicativo della diversa capacità di discernimento. Essa emerge, quindi, come un fattore predittivo della diseguaglianza informativa.

Questi risultati sollevano interrogativi cruciali sulla provenienza di tali disuguaglianze informative, suggerendo la necessità di riforme mirate a mitigare questo divario lungo linee socioeconomiche.

In conclusione, la ricerca invita a ulteriori indagini per comprendere a fondo le cause di queste disuguaglianze e valutare l’efficacia delle politiche atte a promuovere un accesso equo alle fonti di informazione, cercando di preservare il ruolo fondamentale della verità nella società contemporanea.


Pierluigi Conzo
NP febbraio 2024

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