Dom Luciano, un grande mistico

Pubblicato il 17-12-2021

di Guido Morganti

Quindici anni fa, il 27 agosto 2006, dom Luciano saliva in Cielo dopo una vita di amore gratuito al servizio. Per il Sermig è stato, è padre nella fede, fratello, maestro e amico.
Un uomo buono, umile, tutto di Dio, tutto cristiano. Un santo vescovo (papa Benedetto XVI), il santo vescovo di Mariana (papa Francesco). Nella preghiera per la beatificazione è presente la sintesi delle sue virtù, «specialmente l'amore ai poveri, la disponibilità a servire, l'impegno nella difesa della vita e della dignità umana ». «Era consumato dai poveri. In lui c'era la Chiesa del Concilio» (Bartolomeo Sorge).

Oltre a essere uomo d'azione era un grande mistico. «Irradiava una profonda pace che contagiava tutti. I suoi consigli e suggerimenti partivano da un cuore ricolmo di amore e di comprensione. Non ho mai dubitato di trovarmi davanti a un santo» (dom Erwin Krautler). La mistica apostolica si traduceva in una carica evangelizzatrice non fatta di parole ma di una vita alla presenza di Dio. Gesuita, aveva ereditato da Ignazio la mistica del servizio radicata nella mistica eucaristica che si traduceva nel «cercare e trovare Dio in tutte le cose» (Ignazio), quindi aperta al cosmo e nel vivere la forma eucaristica. Aveva scritto sul diario di Ernesto nel maggio 2004: «Al centro, il Cristo cosmico! È Gesù la forza dei martiri, è Gesù che rinforzava la loro fede e rinforza la nostra. Siamo chiamati ad essere martiri, "testimoni" oggi, della stessa fede, cercando di essere "cristiani" in un mondo che tante volte non ci permette di dimostrare la nostra fede.

"Non licet" essere cristiani. Invece, amando tutti, rispondiamo che è proprio l'essere cristiano che dà senso e vita felice al mondo di tutti i tempi che è "Gesù cosmico" che anima, dà vita, a tutta la storia e ad ogni vita umana». Nel suo ultimo intervento pubblico tre mesi prima di morire, al congresso eucaristico di Florianopolis, di cui era uno dei tre relatori, ricordava che siamo chiamati a offrire la nostra vita per amore. «Siamo, a esempio di Cristo, chiamati a portare avanti il piano divino di "amare con amore gratuito" e suscitare la conversione di chi capta l'amore e offrire la propria vita per la salvezza di chi non capta l'amore.

Questa offerta di una vita tutta donata con Cristo per amore è la "forma eucaristica"». Ed ancora: «Il discepolo di Cristo rimane in questo mondo ingiusto e violento per riparare i suoi peccati, ma egualmente per vivere la "forma eucaristica", unendo la propria vita con Maria al cuore di Cristo che nell'eucaristia si offre all'umanità, per fare il bene agli altri, per portare frutti di salvezza (cfr Gv 15,16), per essere luce, sale, fermento nel mondo (Mt 5,13-16). Offrendo la propria vita per amore, i discepoli completano nella carne quello che manca alla passione di Cristo "a favore del suo corpo che è la Chiesa" (Col 1,2)».

La prima grande rivelazione che possiamo cogliere nell'eucaristia è una teofania, la manifestazione dell'amore di Dio che ci chiama a trasformare la società. Amati, amiamo. «Una sfida chiara, forse molto grande. Possiamo vederla realizzata in un simbolo. In un luogo chiamato Arsenale della Speranza in San Paolo è costruito un muro incompleto, sbrecciato, con la scritta la bontà disarma sui due lati, chi arriva vede questa frase e chi è dentro anche. Questa frase è la stessa che c'è in un altro Arsenale, l'Arsenale della Pace a Torino, in Italia. Questa è la nostra convinzione, che di fronte a tutte le grandi difficoltà che noi possiamo incontrare nella storia, il grande contributo che Gesù Cristo porta si condensa nella rivelazione della bontà infinita di Dio che disarma, che ci tira fuori, che polverizza tutta la cattiveria e che realmente fa ritrovare al mondo la speranza».


Guido Morganti
NP agosto / settembre 2021

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