Reti in natura

Pubblicato il 10-08-2012

di Antonio Manzalini

di Antonio Manzalini - Lo studio degli ecosistemi per capire e sviluppare le strutture socio-economiche e di comunicazione di domani. Sono in molti a credere che l’attuale sistema economico abbia bisogno di nuove regole, fondate su valori veri, ispirate al funzionamento degli ecosistemi in natura. Un ecosistema è una porzione di biosfera che comprende un insieme di organismi animali e vegetali che interagiscono tra loro e con l’ambiente che li circonda, in un delicato equilibrio. Anche la terra, nel suo complesso, potrebbe essere vista come un sistema vivente auto-regolante, composto da tanti ecosistemi debolmente interconnessi tra loro, ma dalla cui reciproca influenza emerge un equilibrio globale.

È in questa visione che si inseriscono le intuizioni del chimico inglese James Lovelock (foto a sinistra) e della biologa americana Lynn Margulis (foto in basso), che agli inizi degli anni Settanta hanno formulato l’ipotesi Gaia (dal nome greco della dea della Terra). Secondo Lovelock e Margulis, gli organismi viventi, il clima, l’ambiente terrestre, costituiscono un tutt’uno integrato, un super-organismo in cui l’attività degli esseri viventi modifica gli aspetti fisici, i quali a loro volta influiscono sull’evoluzione e sul mantenimento della vita sul pianeta. Qualunque organismo vivente, infatti, per il fatto stesso di esistere, tende a modificare l’equilibrio naturale del pianeta. Sappiamo che gli esseri umani hanno avuto, ed hanno tuttora, un pesante effetto sull’ecosistema terra: sfruttamento di risorse non rinnovabili, disboscamento delle foreste, eccesso di pesca, inquinamento in genere. Molte specie viventi stanno scomparendo.

Oggi abbiamo problemi riguardanti energia, riscaldamento globale, disponibilità di acqua e cibo per una popolazione mondiale in continua crescita. Possiamo trovare delle risposte a questi problemi imparando dalla natura. La scienza sta studiando con attenzione le dinamiche degli ecosistemi, le relazioni tra gli organismi che li compongono, le reti che abilitano tali relazioni. Una prima cosa che abbiamo imparato è che gli organismi di un ecosistema sono interconnessi tra di loro attraverso una capillare serie di relazioni interallacciate. Queste relazioni creano percorsi attraverso i quali, ad esempio, le sostanze nutritive vengono continuamente riciclate. Inoltre, gli scambi di energia e di risorse sono sostenuti da regole di competizione-cooperazione (si pensi al rapporto preda-predatore).

La flessibilità di un ecosistema è dunque una conseguenza di questo complesso di interazioni multiple, che tendono a riportare il sistema in equilibrio qualora ci sia una deviazione dalla norma, dovuta al cambiamento delle condizioni ambientali. Negli ecosistemi la complessità delle relazioni è una conseguenza della loro biodiversità. Una comunità eterogenea è una comunità elastica, capace di resistere e adattarsi alle perturbazioni, poiché contiene molte specie, le cui funzioni ecologiche si sovrappongono e si integrano. E qui la metafora sociale è chiara. Vediamo più nel dettaglio un esempio di ecosistema in natura: una colonia di termiti. La società di questi insetti ha avuto uno straordinario successo evolutivo: è una delle più antiche del pianeta, conservandosi ed adattandosi per oltre 100 milioni di anni.

Il comportamento di questi insetti è tra i più studiati, non solo in sociologia o biologia ma anche in ingegneria. Il comportamento di una termite è, per sua natura, semplice, ma dall’interazione di centinaia di migliaia di individui emerge la straordinaria auto-organizzazione del termitaio. Cosa determina questa efficienza? Prima di tutto i singoli individui hanno dei modelli di comportamento molto semplici: alcuni sono rapidissimi, automatici, altri, elaborati dal sistema nervoso, sono reazioni di adattamento a situazioni impreviste. Questi comportamenti sono basati su informazioni acquisite localmente (ad es. ottenute attraverso lo spazio fisico locale e attraverso l’interazione con i vicini). La seconda cosa che abbiamo imparato è l’esistenza di una fitta (apparente) rete di comunicazioni che permette alle termiti di interagire in modo semplice ma efficace. La rete, ovviamente, è una creazione della nostra immaginazione, un modello che ci serve per spiegare i fenomeni emergenti. Il termitaio ci da un esempio di rete energetica: tutte le termiti di ogni casta e funzione comunicano, e sono legate alle altre, attraverso continui scambi di cibo.

Tutta la colonia è informata dello stato energetico del termitaio (ad esempio la disponibilità di cibo e di quale qualità) e quindi la comunità si organizza ed indirizza dinamicamente le nuove ricerche in base alle esigenze emergenti. In sintesi possiamo concludere che, per quanto il comportamento della singola termite, nella sua semplicità, appaia di scarso peso, il comportamento complessivo di una colonia di termiti ha come risultato l’emergere di una straordinaria organizzazione. Questa plasticità organizzativa consente alle termiti di adattarsi e superare in modo creativo i momenti di difficoltà: ad esempio un’inondazione, un attacco di formiche predatrici o la distruzione di parte del termitaio. Anche in questo caso la metafora è immediata: lo studio degli ecosistemi ci può fornire preziosi strumenti per capire e sviluppare le reti socio-economiche e di comunicazione di domani. Non possiamo ovviamente aspettare milioni di anni di evoluzione per avere delle reti completamente indipendenti ed in grado di auto-organizzarsi ed auto-adattarsi (come negli ecosistemi in natura): allora la sfida è identificare proprio quelle semplici regole socio-economiche, ispirate al funzionamento degli ecosistemi in natura, che ci permettano di raggiungere e mantenere, attraverso una miriadi di micro-comportamenti, un delicato equilibrio sistemico. La parola chiave è equilibrio. La crescita continua non è una legge di natura.

Con una certa sorpresa si è anche scoperto che è possibile usare la matematica per realizzare modelli che descrivono le dinamiche delle relazioni degli ecosistemi in natura, e che quegli stessi modelli si possono applicare a contesti molto diversi, dallo studio della propagazione delle epidemie, alle dinamiche finanziarie in Borsa, alle relazioni che si vengono a creare nelle reti sociali sul Web. Dobbiamo quindi saper sfruttare la straordinaria capacità del nostro cervello di cogliere l’esistenza di strutture semplificate, facili da catturare matematicamente. Ad esempio, se pensiamo al fiocco di neve, nonostante la sua forma complessa, dal punto di vista percettivo cogliamo la sua simmetria che ci dà un senso di semplicità e bellezza: i fiocchi di neve sono delle forme matematiche (frattali) che vengono generate a partire da una relazione in cui, al variare dei parametri, si creano sottostrutture, ciascuna diversa dalle precedenti, ma straordinariamente simili al nostro occhio. La scoperta di queste regolarità, e della matematica che le governa, ha lo straordinario effetto di semplificare, in quanto bastano poche informazioni per descrivere sistemi enormemente complessi. Apprendere, in fondo, significa semplificare.

L’organizzazione globale di un ecosistema nasconde un ordine complesso governato da poche variabili locali. Quando una formica trova una fonte di cibo, lascia delle tracce di feromoni per aiutare le altre formiche a percorrere la stessa strada e rintracciare più velocemente il cibo: il tasso di diffusione e di evaporazione dei feromoni emessi dalle formiche condiziona quindi il raggiungimento e la rapidità di esaurimento delle scorte di cibo situate nei paraggi. In sintesi, la scoperta di poche variabili e della matematica che le governa, semplifica drasticamente la complessità. è su questo che dobbiamo puntare. Credo che se saremo bravi a carpire la semplicità nascosta nella complessità apparente degli ecosistemi in natura, oltre ad accrescere la nostra sensibilità verso le meraviglie del nostro pianeta, potremmo concepire nuovi modelli socio-economici, più equi e funzionali.

In Evidenza – Rubrica di Nuovo Progetto

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