Una casa per tornare a sperare

Pubblicato il 06-06-2014

di Chiara Genisio

Articolo sull'Arsenale della Speranza a S.Paolo del Brasile sul settimanale "CREDERE"

Una casa per tornare a sperare

Testo di  Chiara Genisio
Foto di  Christian Tragni e Juliana Spinola


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Una casa per tornare a sperare

Fondato diciassette anni fa in Brasile, l’Arsenale di San Paolo, sul modello di quello di Torino, offre a oltre mille persone ospitalità, aiuto e accoglienza

Testo di Chiara Genisio
Foto di Christian Tragni e Juliana Spinola

Una cittadella della speranza nel cuore di San Paolo. Quasi un piccolo paese, dove la prima regola è ridare dignità a coloro che l’hanno perduta. Ogni sera, le porte dell’Arsenale della speranza si spalancano per accogliere 1.200 uomini, perlopiù brasiliani, anche se da alcuni mesi, dopo che lo Stato sudamericano ha aperto le sue frontiere, sta crescendo il numero degli haitiani e dei rifugiati africani.
E l’anno scorso sono stati accolti anche 500 ragazzi italiani, che erano arrivati in Brasile per vivere la settimana missionaria e la Giornata mondiale della gioventù, svoltasi a Rio de Janeiro alla presenza del Papa.
Che cosa accade in questo luogo che un tempo era l’antica Hospedaria dos imigrantes che dal 1886 sino agli anni Cinquanta ha accolto milioni di migranti da tutto il mondo, un milione solo dall’Italia, ce lo racconta Gianfranco: diciassette anni fa ha detto sì, senza esitazioni, alla proposta di Ernesto Olivero, fondatore del Sermig, di andare ad aprire un nuovo Arsenale in Brasile, dopo quello della pace di Torino. Da allora cura, con altri amici della fraternità e insieme a tanti volontari, questa casa di oltre 30 mila metri quadrati che, in diciassette anni, ha ospitato oltre 44 mila persone. Il modello di accoglienza offerto, ovviamente, è uguale a Torino come a San Paolo.
Gli ospiti all’inizio erano in maggioranza muradores en situasion de rua (cioè persone di strada), molti di loro giunti nella grande città dopo aver racchiuso nel cuore la speranza di una vita migliore, il miraggio di trovare un lavoro.
All’inizio arrivavano dal Nord del Brasile, alle spalle si lasciavano la fame, e portavano con sé esperienza e capacità manuali, come le abilità di muratore o di falegname. Ora sono più giovani: studenti o professionisti, hanno problemi di alcolismo, di droga, sono stati lasciati soli dalle loro famiglie. Bussano alle porte dell’Arsenale per trovare un rifugio, hanno saputo di questa opportunità dal passaparola o sono stati inviati dal servizio sociale. Tra queste mura hanno trovato prima di tutto accoglienza. Una dignità che passa anche dalle piccole cose, come un letto ben fatto con lenzuola nuove, buon cibo, ordine, pulizia.
Ma l’Arsenale è molto di più di un albergo-rifugio: vuol essere anche un luogo dove è possibile ritrovare la speranza. La comunità del Sermig, attraverso i suoi volontari, accoglie, sostiene, aiuta ciascuno di loro a ritrovare la propria strada, a ricominciare a vivere con fiducia. E alcuni, quando hanno recuperato il proprio equilibrio, decidono di rimanere accanto a chi si trova ancora in difficoltà.
Nell’Arsenale della speranza niente è lasciato all’improvvisazione, tutto è organizzato nei minimi dettagli: dai sette dormitori, alla lavanderia- stireria, alla biblioteca, al bazar dove gli ospiti possono trovare abiti e cibo a costi contenuti.
E per chi non ha niente, esiste una moneta “speciale”. In cambio di vecchie lattine, vengono rilasciati alcuni gettoni che servono per l’acquisto, a prezzi ancora più scontati, dei generi di prima necessità.
Nella Casa fioriscono corsi professionali per insegnare un mestiere e garantire un avvenire a chi pensava di non avere più opportunità. Lo sport, la musica, la lettura trovano spazio in questo Arsenale che è il centro di accoglienza più grande di tutta San Paolo, la metropoli brasiliana che conta 12 milioni di abitanti e da cui negli scorsi mesi è partita la grande contestazione che sta investendo tutto il Paese. Una protesta che ha ottenuto la solidarietà e il sostegno dei vescovi brasiliani.
Seguendo la filosofia del Sermig, anche l’Arsenale della speranza è un luogo «ristrutturato con il lavoro di tanti, accogliente ma sobrio», è un «monastero in una grande città, luogo di fraternità e di ricerca di Dio». Ogni giorno vivono, in pace, uno accanto all’altro, uomini con credi religiosi e culturali diversi. Dal primo giorno in cui è stato aperto, non è mai stato necessario chiamare le forze dell’ordine per sedare una rissa. La vita scorre attraverso ritmi precisi, ma con l’attenzione puntuale per ciascun ospite.
Perché ognuno è una persona unica. C’è chi rimane quindici giorni, chi alcuni mesi, ma tutti hanno trovato un luogo che li ha accolti e ha ridonato loro la speranza.

 

 

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