Costruiamo la pace

Pubblicato il 30-04-2015

di Redazione Sermig

Il progetto di solidarietà nato dai giovani della parrocchia di Arangea, in Calabria, compie dieci anni.

“È facile nel momento in cui il bagliore del giorno sembra dissolversi dinanzi all'irrompere delle tenebre, perdere l’orientamento e non riuscire più a individuare quei solchi lungo i quali poter cogliere segni di speranza, schegge di futuro, fragranze nuove di mondi annunciati”. Quali possono essere questi solchi, di cui parlava il vescovo Tonino Bello, per cogliere segni di speranza? A volte basta guardare a semplici realtà parrocchiali. Noi ne avremmo una da condividere e, perché no, magari proporvi!

Come succedeva da quando don Piero è divenuto nostro parroco, anche in quell'anno, nel 2004, è stato proposto al gruppo giovani di completare il cammino di fede con un momento di forte spiritualità e di condivisione fraterna. La proposta era insolita rispetto ai più tradizionali campi estivi, vissuti nei nostri Tabor aspromontani. Si partiva per Torino, alla volta del Sermig, fondato da Ernesto Olivero negli anni ’60, un arsenale militare (in quel luogo sono state fabbricate armi che sono servite per il primo e il secondo conflitto mondiale), trasformato in un vero e proprio arsenale della pace dove ogni giorno dell’anno si offrono innumerevoli risposte: ospitalità notturna e pasti a migliaia di persone, oltre a visite mediche specializzate, accoglienza a famiglie, scuole di alfabetizzazione, doposcuola per bambini… In più, ogni anno circa centomila giovani giungono all'Arsenale per confrontarsi sui temi della pace, mondialità, solidarietà, spiritualità.

Anche noi ci siamo confrontati su questi temi e soprattutto abbiamo visto con i nostri occhi che spesso i sogni, i grandi desideri, si possono realizzare con l’impegno e la buona volontà di tanti. Facevamo parte di quei centomila, quindi, anche se eravamo solo dodici… sarà stato un caso?
L’esperienza di Torino si è aggiunta a tutto il cammino di crescita e di fede vissuto insieme al nostro parroco e ai nostri educatori, e si sa: “ogni albero buono produce frutti buoni” (Mt 7,17). Avevamo visto con i nostri occhi come poter mettere in pratica tante attività. Ne abbiamo scelta una considerando la nostra realtà locale, l’abbiamo scritta, l’abbiamo presentata al Consiglio pastorale che con il suo sostegno ha reso questo frutto ancora più buono.

E così, nel marzo 2005, ci siamo inventati in parrocchia uno spazio per la raccolta e un altro per lo smistamento e da allora, passando la voce dell’iniziativa, abbiamo dato il via ad una £distribuzione£ infinita, a favore delle persone in situazione di bisogno, di indumenti di tutti i generi, scarpe, macchine e attrezzature, giocattoli… Eravamo giovani, alcuni da poco maggiorenni, ma la parrocchia non ci ha di certo fatto mancare il suo sostegno. A questi dodici semplici ragazzi, infatti, si sono uniti altri giovani, altri volontari, 48 in tutto dal 2005 ad oggi, soprattutto tante mamme e alcuni papà, nonostante gli impegni familiari e lavorativi. La carità è così, è contagiosa di natura.

La raccolta è sempre attiva; il cortile della parrocchia, infatti, offre la possibilità a chiunque di poter portare le cose di cui non fa più uso e anche all'esterno abbiamo allestito un piccolo box dove riporre gli indumenti anche la notte. Un giorno la settimana, i volontari si occupano dello smistamento di tutto quanto è stato donato, avendo cura di selezionare solo il materiale in buono stato. Il bene va, infatti, fatto bene. Un altro giorno la settimana avviene la distribuzione alle persone bisognose, che sempre più numerose si recano presso i nostri locali. Si contano ad oggi circa 300 iscritti annuali, con una media di 180 visite mensili e di 40 circa ogni martedì anche perché è possibile ritirare indumenti due volte al mese.

In tutti questi anni si è anche collaborato con tante altre realtà associative della nostra città, prima fra tutte la Caritas diocesana, e si è anche riusciti ad allargare il raggio di azione, preparando fino ad oggi 8 spedizioni anche fuori il territorio nazionale, camion pieni zeppi di sacchi trasparenti per trasporto – con vestiti, scarpe, coperte, giocattoli – partiti per Padova per essere poi inviati a Medjugorje.

La distribuzione avviene naturalmente secondo logiche e criteri definiti dai responsabili e dai volontari, anche se alla fine prevale sempre la carità. D'altronde papa Francesco stesso, in una delle sue meditazioni quotidiane nella cappellina della Casa Santa Marta, ha sottolineato che la “Chiesa non è un’organizzazione burocratica, è una storia d’amore”. Prima dei ruoli, dell’organizzazione e delle funzioni, ci sono le persone, le loro relazioni, il loro desiderio di sentirsi amate e di amare, poi tutto il resto. Altrimenti di quali segni di speranza parliamo? Parleremmo solo di realtà autoreferenziali che farebbero la triste fine di quell'albero che non dà un buon frutto: tagliato e gettato nel fuoco. E invece no. Vogliamo parlare di alberi buoni e di frutti buoni, di “schegge di futuro” che all'impazzata vogliono vivere e testimoniare quanto è bella la carità, la fede, la speranza, e quanto, soprattutto, le buone idee, se condivise, possono dar vita a iniziative incredibili. Perché, sì, eravamo dodici, ma non sarà stato di certo un caso...



 

 

 

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